Da diverse settimane, ormai, Elly Schlein continua a ripetere una solita litania: "Dov'era la destra di Giorgia Meloni qualche anno fa quando bisognava rinegoziare in Europa sulla riforma di Dublino?". A questa domanda retorica la segretaria del Partito Democratico si è sempre più o meno risposta da sola in questo modo: "Non ha partecipato, dall'opposizione, per non disturbare Orban". Concetto ribadito anche lunedì sera nella prima puntata estiva di In onda, su La7, sotto la conduzione della coppia Telese-Aprile, e (in parte) anche ieri mattina sull'isola di Ventotene dove ha riunito tutta la segreteria. Peccato che ci sia qualche cosa che non torni su questa dichiarazione sul tema dell'immigrazione che tira in ballo l'attuale presidente del Consiglio. Ecco che cosa.
Tra il 2016 e il 2017 era stato avviato un percorso per riformare il regolamento di Dublino III, entrato ufficialmente in vigore nel 2014. Nel mese di maggio di sette anni fa la Commissione europea aveva presentato la sua proposta di riforma all'interno della quale veniva chiesto di introdurre un sistema di ricollocamento dei richiedenti asilo tra i vari Paesi Ue nei casi in cui uno Stato membro avesse affrontato flussi migratori insostenibili. La proposta della Commissione era poi passata al Parlamento europeo, dove è stata approvata con alcune modifiche a novembre 2017, dando il via alle trattative con il Consiglio dell'Ue, l'altro organo legislativo dell'Ue. Tra le altre cose il testo approvato dal Parlamento Ue prevedeva la cancellazione del criterio di primo ingresso (che penalizzava di più l'Italia) e l'introduzione di un meccanismo permanente e obbligatorio sulla base del quale ripartire le domande dei richiedenti asilo tra tutti i Paesi Ue. Alla fine il percorso della riforma è poi finito in un nulla di fatto.
Bene, qual è stato il ruolo che Fratelli d'Italia, partito fondato da Giorgia Meloni nel 2012, in tutto questo iter legislativo europeo? Nessuno. Ma non – come sostiene la Schlein – per il fatto che FdI non avesse voluto partecipare apposta a quella trattativa istituzionale, ma per il "banalissimo" motivo che quel movimento politico non era proprio fisicamente presente nell'Europarlamento. Alle elezioni europee tenute nel maggio 2014 Fratelli d'Italia, guidato dalla Meloni (che all’epoca era deputata a Montecitorio), aveva preso il 3,6% dei voti: una cifra di poco inferiore rispetto alla soglia di sbarramento del 4%. Il partito ora di maggioranza relativa alla Camera e al Senato non era quindi riuscito a eleggere alcun suo rappresentante europeo. Quindi, durante le trattative per riformare il regolamento di Dublino, Fratelli d'Italia non aveva esponenti che potessero partecipare ai negoziati tra il 2016 e il 2017.
Lo spiega molto bene il sito di Pagella Politica in un pubblicato lo scorso 20 giugno: soltanto alla fine del 2018, infatti, FdI ebbe un primo eurodeputato, nel momento in cui Stefano Maullu, eletto con Forza Italia, decise di seguire politicamente la Meloni pochissimi mesi primi del rinnovo dei componenti di Bruxelles e Strasburgo. Da qui, dunque, il clamoroso scivolone della Schlein, la quale ha commessa un'ennesima gaffe da quando è entrata al Nazareno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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