"La rivoluzione e le lotte non si processano". E' una delle scritte che campeggia nei teloni esposti lungo corso di Porta Vittoria. E' il giorno del processo d'appello bis alle nuove Br del partito Comunista Politico-Militare. E davanti al tribunale di Milano, una trentina di giovani antagonisti, la maggior parte provenienti dal centro sociale Gramigna di Padova, ha fatto sentire il suo sostegno agli imputati.
Manifestano esponendo striscioni con la scritta "Solidarietà ai compagni arrestati e ai rivoluzionari prigionieri". Davanti al banchetto allestito dagli antagonisti, c’è anche una bandiera del movimento No Tav e ci sono militanti di collettivi radicali di Milano e alcuni antagonisti svizzeri e tedeschi.
Nell'aula di tribunale intanto è iniziato il processo d'appello bis alle nuove Br, i cui presunti appartenenti vennero arrestati nel 2007 nel corso dell’operazione "Tramonto". Secondo l’accusa, stavano preparando una serie di attentati, fra cui anche un’azione contro il giuslavorista Pietro Ichino. Il 24 giugno 2010, la Corte d’Assise d’appello di Milano aveva già condannato 13 imputati fino a 14 anni e 7 mesi di reclusione per associazione a deliquere finalizzata al terrorismo, banda armata, detenzione illegale di armi e altri reati.
Le condanne più pesanti (14 anni e 7 mesi) erano state emesse nei confronti di Davide Bortolato e Claudio Latino, ritenuti rispettivamente a capo delle cellule padovana e milanese delle nuove Brigate rosse-Partito comunista politico militare (Pcpm). Una pena di 13 anni e 5 mesi era stata inflitta a Vincenzo Sisi, 10 anni e 10 mesi a Bruno Ghirardi, 10 anni e 8 mesi a Massimiliano Toschi; 8 anni a Massimo Gaeta. Alfredo Davanzo, che secondo l'accusa era l'ideologo del gruppo, era stato condannato a 11 anni e 4 mesi.
Ma il 23 febbraio scorso la Cassazione ha annullato tutte le condanne e disposto un nuovo processo d’appello perché la Corte non aveva indicato se il presunto gruppo eversivo "aveva anche intenzione e possibilità di utilizzare metodi terroristici per conseguire il suo programma".
Sul nuovo processo adesso "pesa" la scadenza dei termini di custodia cautelare che per alcuni degli imputati potrebbe avvenire tra circa un mese.
All’inizio dell’udienza, dalle gabbie sono stati mostrati i pugni chiusi da parte degli imputati per salutare gli amici e i parenti. E proprio Davanzo, uno degli imputati ritenuto dall'accusa l'ideologo delle nuove Br, rispondendo alla domanda di un cronista su cosa ne pensasse dell’attentato a Roberto Adinolfi, l’ad di Ansaldo Nucleare gambizzato dagli anarchici del Fai a Genova, ha risposto così: "Questo è il momento buono. Viva la rivoluzione, avanti la rivoluzione, questo è il momento buono".
Poi Davanzo, rivolgendosi al cronista che gli ha posto la domanda, ha chiesto: "Lei è un giornalista borghese?". E, ottenuta una risposta affermativa, ha detto: "Allora le conviene cambiare campo".
"La violenza a questo punto è inevitabile e necessaria. Non amiamo la violenza non abbiamo il gusto romantico della violenza, ma ora è inevitabile", hanno dichiarato Vincenzo Sisi prima, Alfredo Davanzo e Claudio Latino poi, considerati dagli inquirenti i capi dell'organizzazione. Gli imputati hanno rivolto un appello "ai comunisti affinché si organizzino" e hanno ripetuto un copione già visto in processi passati alle Brigate rosse, affermando di non avere "niente da giustificare, niente per cui difendersi. Affermiamo le ragioni del percorso rivoluzionario che riguarda tutto il proletariato. Di fronte alla catastrofe del capitalismo, non c’è altro sbocco che la lotta armata", ha spiegato Vincenzo Sisi, aggiungendo che "solo con le armi si sovvertono i poteri, parlo come operaio comunista che ha preso le armi" e che "noi rinunciamo alla difesa dell'avvocato Pelazza. Revochiamo la difesa come atto politico chiaro e come atto di protesta nei confronti di questo tribunale, anche se questo non diminuisce la fiducia che abbiamo per lui".
Latino ha invitato "tutte le avanguardie comuniste e operaie ad oranizzarsi", ottenendo gli applausi del gruppo di giovani antagonisti presenti in aula e dichiarando: "O comunismo o distuzione morte all'imperialismo e libertà ai
popoli".Nel merito del processo, i giudici hanno respinto tutte le eccezioni sollevate dai difensori dei 13 imputati e hanno deciso che resteranno in carcere i sette imputati, detenuti dal 12 febbraio 2007.
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