Fiducia e rispetto, questo era Berlusconi

Io non ritengo affatto che gli abitanti della penisola si siano accorti soltanto adesso, ovvero dopo la sua morte, del valore di Silvio Berlusconi

Fiducia e rispetto, questo era Berlusconi
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Direttore Feltri,
è trascorso un anno dalla scomparsa di Silvio Berlusconi e forse gli italiani cominciano ad apprezzarlo davvero proprio ora che non c'è più. Possibile che ci tocchi tirare le cuoia per essere compresi e amati?
Mario Pace

Caro Mario,
sono costretto a dissentire almeno su un punto. Io non ritengo affatto che gli abitanti della penisola si siano accorti soltanto adesso, ovvero dopo la sua morte, del valore di Silvio Berlusconi. Questi, infatti, è stato più amato che odiato, anzi, forse è stato l'italiano che ha sedotto di più uomini e donne di tutte le età, conquistando i cuori di milioni e milioni di persone di opposte generazioni. Occorre compiere una distinzione: non sono stati i cittadini a bocciarlo, a combatterlo, a redarguirlo, a perseguitarlo, bensì la sinistra antagonista che ha trovato in Berlusconi il più temibile degli avversari. Ma cosa effettivamente essa temeva di Silvio? Il suo tratto fondamentale e caratterizzante: il carisma, l'entusiasmo trascinante, quella positività con la quale il Cavaliere contagiava tutto e tutti. Bastava ascoltarlo o stargli accanto per qualche minuto per trasformarsi in vincenti, ossia in soggetti che credono e che si rimboccano le maniche per ciò in cui credono, come ha sempre fatto lui. Non ho mai udito proferire a Silvio una frase che trasmettesse negatività, pessimismo, assenza di fiducia nella vita, in se stesso, negli altri. Persino quando lo abbiamo visto fragile, quasi consumato dall'odio di cui è stato fatto bersaglio, egli ha seguitato ad emanare uno speciale magnetismo, una energia che io non ho mai riscontrato in nessun altro. E credo che sia stato questo a suscitare rabbia in coloro che non sopportano di osservare qualcuno volare alto, al di sopra delle pietre che gli vengono lanciate addosso. Quest'uomo, che ha conservato sempre la semplicità dell'animo, è stato capace di realizzare prodigi e miracoli, ma non ha mai avuto il petto gonfio di arroganza come tanta gente che gravita nella politica come nell'imprenditoria ad altissimi livelli. Forse era questo il suo segreto? In ciò siamo stati molto simili. La semplicità gliela leggevi negli occhi, nel sorriso, nella battuta sempre pronta, nella capacità di comunicare con chiunque, di farsi operaio con gli operai, casalingo con le casalinghe, capo di governo con i capi di governo.

Confesso che qualche volta mi ha dato sui nervi per la sua propensione a tirare sempre fuori la barzelletta, pure nei momenti meno opportuni. Ma oggi guardo a questa cosa con divertimento e - mi sia consentito - persino con una profonda e tagliente tenerezza. Ricordo un pranzo di ferragosto a casa sua, ad Arcore, io e lui da soli. Aveva appena salutato Gianni Agnelli, accompagnandolo all'elicottero personale dell'Avvocato, pronto a decollare di nuovo dal giardino del presidente. Nessuno come Silvio era capace di farti sentire completamente a suo agio, ti trattava da ospite d'onore, ti riservava cure e attenzioni. E questo lo faceva con chiunque, anche con l'ultimo dei suoi numerosi dipendenti, di cui conosceva la vita personale in una maniera che ancora per me rappresenta un mistero. Come fa infatti un essere umano, dotato di una memoria umana, ad immagazzinare nel suo cervello tante informazioni? Conosceva il nome dei miei figli, le loro età, le scuole che frequentavano. Al telefono esordiva sempre chiedendo della famiglia. Ma attenzione: queste accortezze erano dedicate sul serio a chiunque.

Silvio Berlusconi ha seminato amore ed è questo il motivo per il quale sui social network seguita ad avere più successo di una influencer planetaria. Risulta che le interazioni che lo riguardano sono state quest'anno diverse decine di milioni. Silvio piace. Piaceva prima e piace ancora e piacerà sempre come tutti gli esseri umani straordinari che passano su questo pianeta.

Eppure non hai tutti i torti, Mario, forse è vero, a volte si viene apprezzati di più da defunti che da vivi. E questo è sintomo della nostra stupidità, della nostra invidia, della nostra incapacità di accettare il successo altrui senza provare un corrosivo sentimento di frustrazione e persino livore nei riguardi di chi ce la fa. Combattere quest'ultimo allora diventa una maniera per esorcizzare i propri demoni. Si odia spesso dell'altro quello che non si è riusciti ad essere nella propria esistenza.

Sarebbe più intelligente e più produttivo prendere esempio dai grandi uomini e dalle grandi donne piuttosto che tentare di boicottarli, infamarli, mettere loro i bastoni tra le ruote.

Chissà se lo impareremo mai...!

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