Formigoni indagato ma non si dimette

Scandalo sanità, il governatore nel mirino dei pm milanesi con le accuse di corruzione e finanziamento illecito: avrebbe ricevuto mezzo milione per la campagna elettorale del 2010

Formigoni indagato ma non si dimette

Milano - Si aspettava la bufera, e la bufera è arrivata. Da giorni, ai piani alti del Palazzo Lombardia, la voce di un imminente iscrizione del governatore Roberto Formigoni nel registro degli indagati si era fatta insistente. E ieri, il timore diventa notizia. Formigoni è sotto inchiesta per corruzione e illecito finanziamento elettorale per la campagna del 2010. Vacanze a cinque stelle, viaggi, strane compravendite immobiliari da un lato, e un contributo non dichiarato alle ultime regionali che sarebbero state sovvenzionate con mezzo milione di euro dagli stessi imprenditori della sanità a cui - secondo la Procura di Milano - il governatore avrebbe garantito un fiume di denaro attraverso il meccanismo dei rimborsi pubblici. E indagato è anche Carlo Lucchina, direttore generale della sanità lombarda già coinvolto in un’altra inchiesta relativa a presunte irregolarità nell’assegnazione dei bandi per la sperimentazione clinica.

È la svolta nell’inchiesta che da mesi - prima con lo scandalo del San Raffaele, ora con il filone della Fondazione Maugeri - pende come una spada di Damocle sul «celeste». Ancora ieri il governatore ha ribadito di non volersi dimettere fino a quando le accuse non saranno dimostrate, ma la mossa dei pm anticipata ieri dal Corriere della Sera ha rinfocolato le opposizioni in Regione. «Dimissioni», è la richiesta che arriva da Pd, Idv e Sel. Anche l’Udc, che in passato aveva offerto al governatore il proprio appoggio in cambio dell’azzeramento della giunta, traballa. «Le elezioni subito in Lombardia sarebbero una iattura - spiega il capogruppo centrista al Pirellone, Giammarco Quadrini -, ma auspichiamo chiarezza». Il rischio per Formigoni è che anche la sua maggioranza entri in fibrillazione. Perché se è vero che il Pdl chiede compatto che il presidente «vada avanti fino a fine mandato, noi siamo con lui», la Lega rimanda ogni decisione al consiglio federale di domani. A sostegno del governatore, arrivano le parole del segretario del Pdl Angelino Alfano: «Non necessarie né opportune le sue dimissioni, ha governato sempre bene la Lombardia con grandi risultati. Dimostrerà che non si è approfittato della cosa pubblica».

Ma, tassello dopo tassello, si sta componendo il quadro accusatorio della Procura. Formigoni, infatti, è indagato per corruzione in concorso anche con Pierangelo Daccò, il mediatore che apriva «le porte in Regione Lombardia» agli imprenditori della sanità convenzionata, il lobbysta che muoveva «nell’ente pubblico le leve della discrezionalità» con cui erano riconosciuti alle strutture private i rimborsi per le «funzioni non coperte da tariffe predefinite», indennizzi maggiorati per le prestazioni di ricovero e cura che una delibera del 2010 ha aumentato fino a un massimo del 19% per gli Irccs (gli istituti di ricerca, come la Fondazione Maugeri). In una decina d’anni, Daccò avrebbe ricevuto circa 70 milioni dalla Maugeri proprio per la sua capacità di indirizzare le sovvenzioni pubbliche, approvate dalle delibere della giunta Formigoni. Un tema, quello delle delibere, affrontato nel corso degli ultimi interrogatori di Costantino Passerino, l’ex direttore amministrativo della Fondazione, arrestato lo scorso 13 aprile assieme all’ex assessore regionale Antonio Simone.

E a leggere alcuni degli atti approvati dalla giunta, ad esempio, ai pm sono saltati agli occhi i 26,4 milioni di euro assegnati nel 2009 dalla Regione alla Maugeri (delibera 133 del 17 giugno 2010), o i 20,7 arrivati alla Fondazione con il provvedimento 2.132 del 4 agosto 2011. O ancora, il decreto 14.

079 del 16 dicembre del 2008 con cui Lucchina approvava tre progetti presentati l’anno precedente dalla Maugeri per «la riorganizzazione e l’aggiornamento delle attività di medicina e riabilitazione» neuromotoria, cardiovascolare e pneumologica, per oltre 11 milioni.

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