Gaffe, contraddizioni, insulti: tutti i flop politici di Majorino

Fa politica da quando aveva 14 anni: eppure quando è stato al governo del Comune di Milano ha dimostrato tutte le proprie incapacità amministrative. Senza dimenticare le molteplici pubbliche figuracce

Gaffe, contraddizioni, insulti: tutti i flop politici di Majorino

Pierfrancesco Majorino ci crede fermamente: completare la rimonta su Attilio Fontana, in modo da soffiargli il posto di presidente della Regione Lombardia, è possibile. Ormai le elezioni del 12 e 13 febbraio sono molto vicine e il candidato governatore del Partito Democratico sta lottando colpo su colpo per aggiudicarsi questa importantissima sfida elettorale locale. Ma se fosse veramente lui - a dispetto di tutti i sondaggi e pronostici attuali - a vincere la battaglia per salire a Palazzo Lombardia, potrebbe rivelarsi un efficiente presidente regionale? A giudicare dai suoi trascorsi di governo la risposta sembrerebbe essere non esattamente positiva.

Gli inizi in politica e il ruolo di assessore a Milano

Nato a Milano il 14 maggio 1973, Pierfrancesco Majorino comincia a svolgere l'attività politica fin da giovanissimo. Già iscritto alla Federazione Giovanile Comunista Italiana a 14 anni, lo si può notare nel 1996 in una puntata del Costanzo show dove (tanto per cominciare ad abituarsi) si lasciò scappare un'affermazione non azzeccatissima. Al Parioli era presente anche una giovanissima Giorgia Meloni, che aveva appena annunciato che Azione studentesca sarebbe scesa in piazza contro la riforma della scuola approntata dall'allora ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer (governo Prodi). L'attuale europarlamentare del Pd, allora presidente nazionale dell'Unione degli Studenti, tentò di ridicolizzare quella protesta: "Il vostro è solo un tentativo, perché voi oggettivamente oggi non ci siete nelle piazze, siete un po' in imbarazzo, Giorgia…". Adesso, a più di un quarto di secolo di distanza, si può tranquillamente constatare come negli ultimi anni si sia vista in piazza molto di più la Meloni che tutti gli esponenti del Partito Democratico messi assieme, intenti (com'erano, fino a ottobre scorso) a non lasciare per nessuna ragione al mondo le poltrone di governo.

Dopo una breve attività nel Consiglio del Ministero della solidarietà sociale, all'epoca presieduto da Livia Turco, Majorino diventa segretario dei Ds a Milano nel 2004 e da lì a breve tempo è eletto consigliere comunale nella lista dell'Ulivo. Ma è soprattutto dal 2011 che comincia seriamente a mettersi politicamente (e mediaticamente) in evidenza: il sindaco Giuliano Pisapia lo nomina assessore alle Politiche sociali. Da quel momento in poi, tuttavia, Majorino collezionerà solo figuracce. Una delle sue battaglie più identitarie diventa infatti quella a favore di una maggiore integrazione dei rom e dei sinti: una presa di distanza dagli sgomberi voluti da Riccardo De Corato. Bene: nemmeno quasi il tempo di insediarsi che il Comune di Milano decide di sospendere gli scuolabus per i bambini rom. "Non tutti i bimbi rom devono essere accompagnati dal Comune. In molti casi possono pensarci pure le loro famiglie, no?", si limiterà a commentare lo stesso Majorino. Alla faccia della famosa "integrazione". Nel frattempo, l'era Pisapia è costellata di situazioni quantomeno imbarazzanti per quanto riguarda le politiche sociali: emblema è la gestione dell'arrivo di immigrati e di profughi siriani, accampati poi per mesi davanti alla stazione Centrale di Milano. Non contento, Pierfrancesco Majorino (molto restio ai controlli e ai blitz in Centrale) è fautore di un controverso bando per la costruzione di una super moschea al posto del Palasharp, poi subito annullato.

Majorino: la sconfitta alle primarie e l'approdo all’Europarlamento

Siamo nel 2015 e Majorino annuncia la propria candidatura a sindaco di Milano. Ci sono però le primarie a sbarragli completamente la strada: l'assessore alle Politiche sociali si posiziona al terzo posto, dietro a Giuseppe Sala e a Francesca Balzani, vice di Pisapia. Poco male: perché l'esponente dem, oggi candidato a presidente della Lombardia, verrà immediatamente confermato al proprio posto dall'ex commissario di Expo 2015, nuovo primo cittadino del capoluogo lombardo. Nuova consiliatura, nuovo tipo di politica. Se da una parte, infatti, Majorino insulta Matteo Salvini sui social, dandogli dello "sfigato", nello stesso momento lo 'copia' chiudendo i due centri profughi di via Aldini e Sammartini, che per lungo tempo rendevano la vita impossibile ai residenti a causa del degrado diffuso e degli schiamazzi notturni. Poco dopo questa sua decisione, ecco la svolta: Majorino viene eletto europarlamentare. A Bruxelles e Strasburgo vota a favore del velo islamico, salvo poi dirsi strenuo sostenitore delle battaglie per la libertà delle donne. Ma il Parlamento europeo gli sta particolarmente stretto. Si assume quindi l'impegno di guidare in Lombardia l'ammucchiata di Partito Democratico e Movimento 5 Stelle: "Ma il campo largo a livello nazionale non venga fatto a tutti i costi e in modo scontato", dirà. Nella circostanza, però, niente primarie: avrebbe potuto perderle anche questa volta.

Da quando si è ufficialmente candidato a presidente regionale, ha poi dimostrato più volte tutte le sue contraddizioni in campagna elettorale. Parla moltissimo di rafforzare la sanità pubblica, ma per realizzare questo obiettivo candida Pregliasco, direttore sanitario del gruppo ospedaliero privato San Donato. È scettico su un aumento del ticket di Area C, "ma mi fido di Sala". Accusa la Giunta di Fontana di "errori e leggerezze" nella primissima fase del Covid, ma si dimentica totalmente dell'ex segretario Pd Nicola Zingaretti che a fine gennaio 2020 sfidava il panico che si era diffuso a causa del Coronavirus bevendo spritz sui Navigli, con i giovani dem, al motto #Milanononsiferma. Iniziative analoghe vennero portate avanti anche dal sindaco di Milano, Beppe Sala, e quello di Bergamo, Giorgio Gori. Dice sì all’autonomia, "ma non così" (tuttavia non spiega come la vorrebbe lui); nel frattempo - già che c'è - si lascia scappare una battuta denigratoria contro la Calabria.

È favorevole a inviare altre armi all'Ucraina, ma "ci vuole un'iniziativa politica europea per la costruzione della pace molto più forte" (qualsiasi cosa possa significare). Insomma, il Majorino di oggi - alle porte dei 50 anni - non è poi così dissimile da quello 23enne che appariva in tv: ogni volta che apre bocca, la figuraccia è sempre dietro l'angolo.

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