Un'ordinanza del tribunale di Roma condanna il Viminale a risarcire 100 euro al giorno, in tutto 18.200 euro, un ex militare pachistano rimandato in Slovenia e poi a catena fino in Bosnia, dalla polizia di frontiera di Trieste che cerca di tamponare la rotta balcanica.
La giudice, Damiana Colla, basa la sua decisione su «informatori», come Diego Saccora dell'associazione «Lungo la rotta balcanica». Il 5 luglio, la stessa associazione esulta così, su Facebook, per la condanna: «Questa importantissima notizia, la dedichiamo a tutte le persone respinte dall'Italia e a ogni confine, nella speranza che altre prendano coraggio per denunciare le violenze subite dalle istituzioni». Non solo: «La dedichiamo anche a tutte le attiviste e attivisti ogni giorno sul campo, a darsi staffetta come nella migliore tradizione partigiana. Perché ieri, ora e sempre. Resistenza» con un bel pugno chiuso che chiude la frase.
La giudice non è nuova a pronunciamenti pro migranti e nel 2021 aveva considerato non diffamatori sei articoli che definivano Silvio Berlusconi «delinquente, terrorista, malavitoso» e altro ancora.
L'ultima ordinanza riguarda il caso di un pachistano che arriva clandestinamente a Trieste il 17 ottobre 2020 lungo la rotta balcanica. Subito intercettato dai militari, a ridosso del confine, viene rimandato in Slovenia secondo la pratica delle riammissioni informali, che si basano su un discusso accordo con Lubiana del 1996. Gli sloveni lo rispediscono in Croazia, dove non usano i guanti bianchi per trasferirlo in Bosnia, tappa di partenza.
Il pachistano riesce a tornare a Trieste, lungo la stessa rotta clandestina, il 17 aprile 2021 e prosegue per Brescia dove otterrà lo status di rifugiato.
Il 31 dicembre dello stesso anno chiede il risarcimento danni al Viminale grazie agli avvocati dell'Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, che fa di tutto per aprire le porte e bloccare le riammissioni informali in Slovenia. Per questo motivo è stata finanziata anche da George Soros. Il motivo della causa è la «pratica di riammissione informale con cui le autorità italiane lo hanno respinto in Slovenia nonostante egli avesse manifestato la volontà di domandare protezione internazionale».
Secondo l'ordinanza non si tratta di un povero civile finito sotto le bombe, ma di un ex militare pachistano che ha «lasciato il Paese d'origine nel 2018 dopo essere rimasto ferito in un attacco del gruppo terroristico Tehrik-i-Taliban Pakistan, temendo ritorsioni sia da parte degli estremisti sia da parte dell'esercito, di cui era membro».
La giudice spiega bene come si arriva al ricorso contro il ministero dell'Interno. Il pachistano viene rintracciato in Bosnia dalla giornalista, Elisa Oddone, che «ha testimoniato di essere stata lei ad offrirgli il primo contatto con gli attuali difensori» dell'Asgi. La free lance e Saccora della politicizzata associazione «Lungo la rotta balcanica», vengono «ascoltati quali sommari informatori». Il reportage di Oddone diventa una «prova».
Non solo: la prima fonte citata dalla giudice per giustificare l'ordinanza è «l'ultimo report del database dell'European Council on Refugees and Exiles (ECRE)». A prima vista sembrerebbe una costola dell'Unione europea, ma in realtà è un cartello di 105 Ong, compresi molti talebani dell'accoglienza, e sopratutto l'Asgi, che attraverso gli avvocati Caterina Dove e Anna Brambilla hanno presentato il ricorso del pachistano.
Evidentemente una fonte più attendibile del Viminale, che viene condannato al risarcimento «di euro 18.200,00, pari alla misura di 100,00 euro per ogni giorno di ritardo nell'accesso alla procedura d'asilo in Italia». Il periodo viene calcolato tra il primo ingresso clandestino a Trieste, con relativa riammissione in Slovenia considerata «illegittima» dalla giudice e il secondo che ha permesso al pachistano di restare in Italia.
L'Asgi ci aveva già provato con un altro pachistano che addirittura denunciava pestaggi da parte della polizia italiana. Peccato che era una bufala ribaltata dal ricorso del Viminale. Gli avvocati pro migranti hanno pronti altri due casi con l'obiettivo di far dichiarare illegittime le riammissioni in Slovenia.
Nella zona di Gorizia gli arrivi sono triplicati rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, già considerato un boom.E a Trieste si registrano in media una ventina di ingressi al giorno confermando che la rotta balcanica è l'emergenza terrestre dell'immigrazione illegale.
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