RiminiFar pagare ai bagnini l'Imu sulle cabine e sugli ombrelloni, così come gli agricoltori la pagano sui propri terreni. Perché sotto la sabbia si nasconde da troppi anni un forziere, un tesoro che un bravo amministratore non può più far finta di ignorare.
Il Comune di Rimini, guidato dal sindaco Pd Andrea Gnassi, inizia a dire basta alle concessioni balneari dai canoni quasi-gratis e decide che bisogna capitalizzare il valore dell'arenile. Poco importa se con le associazioni degli operatori balneari ci saranno nuovi scontri: bisogna cercare di fare cassa (anche) sulla sabbia.
Il Comune annuncia di voler riprendere le trattative con la burocrazia regionale (Agenzia del territorio e Agenzia del demanio) per verificare quali siano stati gli impedimenti che finora hanno comportato «l'impossibilità di arrivare all'accatastamento delle cabine e all'attribuzione di rendita alle fasce d'ombreggio». In parole povere, il nuovo motto è accatastare per tassare. I chioschi da 60 metri quadri, tanto per dire, sono classificati come negozi e botteghe: si pagano in media 660 euro all'anno di Imu e fino a 1.700 per quelli più grandi. Su cabine e ombrelloni, invece, niente di niente.
Il problema è che nella città di Fellini i balzelli pubblici hanno già fatto un certo rumore. Dal primo ottobre è in vigore la tassa di soggiorno che i Comuni limitrofi si sono ben guardati dall'applicare.
«Il turista che viene a Rimini, nella terra dell'accoglienza, deve pagare la tassa di soggiorno quando va a dormire in albergo e contribuire all'Imu quando va sotto l'ombrellone o sotto la doccia o a cambiare il costume in cabina», sintetizza il candidato alla Camera del Pdl provinciale, Sergio Pizzolante.
Ma l'amministrazione Gnassi, anche in questo caso, tira dritto: «Dal momento che è il pubblico interesse che guida l'attività amministrativa, io credo che ogni amministratore di un Comune che abbia nel proprio territorio fasce di demanio marittimo, e a maggior ragione chi ha l'onore e il privilegio di amministrare Rimini, non possa non rendersi conto quale fonte di entrate per le casse pubbliche si riveli essere il bene di tutti demanio marittimo», ammette l'assessore al Territorio e collega di partito del sindaco, Roberto Biagini.
I numeri, si sa, non stanno esattamente dalla parte dei bagnini: per un'area balneare di circa ottomila metri quadrati sono sufficienti 10mila euro di canone annuo, per i chioschi e i bar di spiaggia i costi variano da 400 a 700 euro a seconda della superficie occupata.
Per i locali caratterizzati dalle cosiddette pertinenze - le concessioni balneari «pesanti» che includono discoteche, piscine o attrazioni come il celebre delfinario riminese - i canoni sono schizzati a quote (quasi) di mercato con la finanziaria Prodi del 2007: si va da 30mila a 150mila euro annui.
Sta di fatto che di questi tempi anche i bagnini devono cambiare registro, è il Gnassi-pensiero. Pizzolante la butta sull'ironia: «Si sa, Biagini e Gnassi sono uomini fantasiosi e creativi ma con la tassa sugli ombrelloni hanno superato se stessi, Cevoli e Crozza sono dei dilettanti».
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