È giusto premiare i super manager statali

Dopo la polemica Renzi-Moretti prosegue il dibattito sulla proposta di fissare un tetto alla remunerazione dei manager pubblici

È giusto premiare i super manager statali

Necessaria premessa: chi scrive appartiene alla categoria di persone che non ha molto in simpatia la «cosa pubblica» e quanto ad essa collegato. Inclusa la remunerazione dei manager pubblici, per la quale il tema di vero interesse – per chi ha una visione liberale della società – non è tanto il livello più o meno elevato della remunerazione quanto la sua giustificabilità in assoluto. Eppure, la proposta di un tetto alla remunerazione dei manager pubblici solleva forti perplessità. Soprattutto se applicata indiscriminatamente, come suggerisce la proposta del governo. Ha fatto benissimo Mauro Moretti a dire che la decurtazione improvvisa dei suoi emolumenti a un quarto di quelli attuali (cosa da repubblica delle banane!) gli imporrebbe una seria riflessione sulla opportunità di continuare a svolgere il suo compito. La complessità del compito affidatogli, le responsabilità che gravano sul suo capo e la professionalità necessaria per svolgere queste mansioni sono elevatissime. Ne dovrebbe conseguire una altrettanto elevata remunerazione.

È stato obiettato che anche altri manager pubblici hanno responsabilità analoghe pur essendo pagati meno. Anzitutto, si tratta di un falso, poiché è ai più noto che, in media, i manager pubblici italiani sono pagati meglio dei loro omologhi di altre nazioni. Ma soprattutto occorre ricordare che i risultati di Moretti sono misurabili «oggettivamente» mentre quelli di altri non lo sono altrettanto chiaramente. Come misurare infatti i risultati di un procuratore della Repubblica? Oppure quelli del direttore di un'Asl? Le Ferrovie dello Stato sono una società per azioni e, in quanto tale, la misurazione della performance è obiettiva. E i risultati parlano chiaro. Ho provato a fare qualche rapido conto «sulla carta del droghiere» sui bilanci consolidati delle Ferrovie per il triennio 2010-2012 (il 2013 non è ancora disponibile). Il fatturato è aumentato di circa il 2% annuo, una percentuale non trascurabile in un momento di crescita negativa del Paese. I margini operativi di profitto sono in aumento sia in valore assoluto (con percentuali a doppia cifra) sia in percentuale, rispetto al valore del fatturato. Segno di un'accurata attenzione al contenimento dei costi. Gli investimenti in immobilizzazioni sono rimasti considerevoli, a testimonianza di un'attenzione al servizio offerto, risultato vieppiù considerevole considerando il contesto macroeconomico non favorevole e la scarsità di risorse pubbliche. Anche l'indebitamento finanziario, pur ingente, appare in miglioramento. Infine, la redditività complessiva mostra segni di costante progresso. Risultati che anche al lettore distratto appaiono considerevoli, soprattutto se si considera che sono stati ottenuti in un'azienda complessa e ad alto tasso di resistenza al cambiamento.

Ma forse la migliore certificazione della qualità del lavoro svolto da Moretti e dal suo staff è stata fornita dagli azionisti del principale concorrente (privato) delle Ferrovie, i quali, criticando indignati la presa di posizione di Moretti, ne hanno certificato la qualità del lavoro e la loro sconfitta sul campo (testimoniata dagli scarsi risultati che è possibile evincere dai bilanci). Ahi, quanto è più facile trovare la pagliuzza nell'occhio altrui che non la trave nel proprio... È stato obiettato che un'azienda pubblica dovrebbe porsi obiettivi anche diversi da quelli della pura creazione di valore per i propri azionisti. Chi l'ha detto? La vulgata dei social-buonisti, dei sostenitori della decrescita felice, degli ecologisti a tutti i costi. Se permettete, anche una società posseduta dallo Stato ha i propri azionisti, e cioè tutti noi che paghiamo le tasse. La questione della valutazione della performance delle Ferrovie andrebbe quindi posta domandando a tutti noi: caro contribuente, saresti disposto a barattare una maggiore «socialità» delle Ferrovie con un ulteriore esborso di qualche centinaio di euro all'anno (sottoforma di maggiori tasse per coprire i buchi di bilancio che ne conseguirebbero)? Temo che la risposta prevalente sarebbe un secco no, e che molti preferirebbero proseguire in direzione del risanamento, del taglio dei costi superflui e della razionalizzazione del servizio. Caro presidente del Consiglio, non si dimentichi che gli individui rispondono agli incentivi. Si tratta forse della regola principale dell'economia.

Non mortifichi chi lavora bene, mandi a casa solo (e in fretta) chi ruba il denaro pubblico. E non sono pochi, basta guardarsi intorno...

Antonio Salvi
* Preside della facoltà di Economia Università LUM "Jean Monnet"

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