Governo al bivio su Eni: vendere in Borsa il 4% o dare i titoli in garanzia

Governo al bivio su Eni: vendere in Borsa il 4% o dare i titoli in garanzia

RomaTornano le voci di una cessione di una quota dell'Eni. A rilanciarle, un gioco di specchi tra agenzie di stampa straniere e italiane. E quando si vede il fumo, di solito c'è anche l'arrosto: dicevano i vecchi operatori di Borsa. Tant'è che a fronte di un calo dell'indice di Borsa dell'1,45%, il titolo Eni è rimasto in terreno positivo per lo 0,39%.
Le indiscrezioni parlano di una cessione del 4%, che corrisponderebbe a un beneficio per il debito pubblico di poco più di 2,5 miliardi. In realtà, al ministero dell'Economia i progetti sarebbero diversi da una cessione diretta del 4%.
In primo luogo perché i 2,5 miliardi attesi sarebbero una goccia nel mare del debito pubblico. In secondo luogo perché - al momento - i conti pubblici italiani hanno bisogno di correggere il deficit più del debito.
È da queste ragioni che - nei mesi scorsi - è stata studiata l'ipotesi di offrire i titoli Eni in mano allo Stato (Cassa depositi e prestiti controlla quasi il 26%; il Tesoro, il 4,34%) come «collaterale» per un prestito internazionale.
Ne fece cenno lo stesso ministro dell'Economia in una controversa intervista a Mosca. Il «collaterale» sarebbe una sorta di pegno: vengono dati i titoli in mano allo Stato a garanzia di un prestito. In tal modo, l'ammontare del prestito può essere usato in riduzione del deficit.
Quest'ipotesi - che resta comunque ancora sul tappeto - sarebbe all'esame degli esperti europei. Prima di avviarla, infatti, è necessaria un'autorizzazione informale di Bruxelles per conteggiare sul deficit un'operazione che, altrimenti, dovrebbe ridurre il debito.
In questa fase di incertezza, si starebbe studiando un'altra operazione: quella che ha lasciato traccia ieri sul mercato. Vale a dire, che si sta verificando la possibilità - per l'Eni, questa volta - di acquistare sul mercato i propri titoli. Per poi farli rivendere dal Tesoro; oppure, al fine di aumentare l'ammontare del dividendo che la holding petrolifera «gira» allo Stato ogni anno. I contatti informali con i diversi operatori internazionali hanno finito per innescare le voci di una cessione del 4% della holding.
In realtà, l'operazione sarebbe ancora non proprio imminente. Anche perché, il ministero dell'Economia prima di dare semaforo verde deve ottenere il parere europeo su come calcolare gli eventuali proventi.
Secondo l'ortodossia contabile di Bruxelles, i proventi delle dimissioni di asset (e le quote Eni sono un asset dello Stato) devono finire nel Fondo ammortamento titoli, destinato a ridurre le emissioni di titoli pubblici e contenere, in tal modo, la dinamica del debito.
Il governo, invece, sta cercando ogni soluzione finanziaria per dirottare i proventi sul deficit.

L'operazione sarebbe riuscita con i ricavi attesi dalla vendita di immobili pubblici; seppure, attraverso l'anticipo del gettito atteso da parte della Cassa depositi e prestiti (gestione Fintecna). Non è certo che riesca anche con le quote Eni.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica