Grado per grado, l'Italia «torna a bordo». Almeno prova a farlo. La Concordia come metafora di un Paese piegato su un fianco ma che cerca di risollevarsi. A fatica, troppo a fatica. Ma la figuraccia va riscattata. Provarci è d'obbligo. Ieri, dopo una giornata di lavoro (tra continui stop and go causati da non meglio precisate «ragioni tecniche»), la Costa Concordia ha «ruotato» di circa 10 gradi e il relitto si è staccato dalle rocce su cui agonizzava da 20 mesi. L
'operazione, detta parbuckling, ha consentito finora di risollevare la nave di circa quattro metri. «Il relitto della Concordia sarà sollevato completamente (ma la previsione appare forse troppo ottimistica ndr) entro l'alba di oggi», dice Sergio Girotto, responsabile della procedura che sta catalizzando l'interesse di tutti media del mondo. Intanto va registrate la ferma (sperando che resti tale) presa di posizione del ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando: «Ci sono tutte le condizioni per chiedere i danni alla Costa Concordia». La parola d'ordine sembra essere diventata: schiena dritta. Tornano così di attualità le parole del capitano di fregata Gregorio De Falco, diventato il simbolo (a volte anche a sproposito) di un ipotetico quanto velleitario riscatto dal cialtronismo nazional-schettiniano. Quella sera maledetta del 13 gennaio 2012 lui gridò al telefono al comandante in fuga: «Torni a bordo, cazzo!». Da allora quell'espressione è diventato slang popolare: lo si usa per richiamare qualcuno al suo dovere. Al momento del rovinoso «inchino» il capitano De Falco era al suo posto, nella centrale operativa della capitaneria di porto di Livorno. Proprio lo stesso posto da cui ieri ha seguito anche le fasi di recupero del relitto della Concordia: «Questa dimostrazione di capacità tecnica ed organizzativa che stiamo offrendo alla pubblica opinione mondiale riscatta l'immagine di un'Italia approssimativa e mi inorgoglisce profondamente», dice al cronista dell'Ansa. E aggiunge: «Se anche all'epoca non fossero venuti a mancare i dovuti apporti degli altri attori coinvolti saremmo sicuramente riusciti a salvare tutti...». De Falco oggi si infervora come in quella note buia. Il tempo sembra essersi fermato. Quel disastro marittimo è una ferita aperta. Al pari della cicatrice che sfregia la Concordia. «Come 20 mesi fa sono qui, nella mia sala operativa, a Livorno - prosegue l'ufficiale -. Quella in corso è ancora una volta un'impresa titanica, così come immani erano stati il 13 gennaio 2012 il naufragio e le operazioni di soccorso». «I fatti del Concordia tornano a porre l'Italia di fronte all'opinione pubblica mondiale; questa volta però - puntualizza De Falco - gli attori pubblici e privati interagiscono tra loro. Se anche quella sera vi fosse stata consapevolezza delle priorità ed una vera unità di intenti, sono certo che non avremmo dovuto piangere alcuna vittima». Anche per questa ragione il ministro dell'Ambiente sembra determinato a non commettere ulteriori passi falsi: «È la prima volta che si realizza un'opera di questo tipo e credo che si siano fatti tutti i passi, assunte tutte le precauzioni, mobilitate tutte le intelligenze e risorse necessarie per affrontare una sfida così importante».
«Il ministero dell'Ambiente chiederà i danni a Costa? Io credo che ognuno faccia bene il proprio lavoro.
Io faccio il mio, gli altri facciano il loro», ha commentato il capo dell Protezione Civile Franco Gabrielli; aggiungendo come in questa fase «sia fondamentale fare le cose per bene, non di fretta». Gabrielli ha poi ricordato che «la partita non è finita, gli imprevisti possono verificarsi anche nel tratto terminale». Sempre meglio mettere le mani avanti. Anche questo un vizietto italiano. Ma non solo italiano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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