Li chiamano disagiati. E persino perdenti. Ma quelle persone esistono davvero. E siamo noi. Siamo noi gli sbalestrati dalle crisi degli ultimi tre lustri, quelli con gli stipendi impoveriti, il tenore di vita peggiorato e una sfiducia montante verso l'Europa. Il Censis, nell'ultimo rapporto sullo Stato dell'Unione, ci vede tutti come potenziali votanti delle destre. O peggio come prede dei populisti che (questa l'accusa) incanalano la sfiducia dei perdenti contro Bruxelles. Il ché ha del vero ma è miope se non accompagnato da un'autocritica su chi ha mosso i fili dell'Ue negli ultimi anni, su quello che hanno fatto e soprattutto su quello che non hanno fatto.
C'è un dato incontrovertibile. Ed è quello che, rapporto alla mano, fotografa il declassamento sociale di un'ampia fetta della popolazione europea. Nel Belpaese sono uno su quattro. Il 39,1%, per la precisione. Lo spartiacque è ancora la crisi del 2008. Da lì non abbiamo rialzato la testa. Noi italiani, come gli altri Stati Ue, abbiamo visto sbriciolarsi il nostro reddito e siamo stati costretti a convivere con la bruciante percezione di aver perso il nostro benessere. Ed è con questo fardello sulle spalle che andremo a votare. Alcuni ingrasseranno l'astensionismo, la maggior parte (sostiene il Censis) rafforzerà il sovranismo.
I disagiati fanno paura solo perché la destra riesce a intercettare il loro voto dopo che la sinistra li ha abbandonati per inseguire battaglie lontane dal popolo. Le ricette della galassia progressista si sono rivelate fallimentari.
E non è un caso che in Italia, mentre Elly Schlein insegue lo spettro del fascismo, sia Giorgia Meloni a investire sulle imprese per contrastare la disoccupazione e a tagliare quel moloch mostruoso che sono le tasse e che contribuisce, forse anche più dell'inflazione, a renderci poveri.
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