Roma - Ci vuole pazienza e reciproco savoir faire per riannodare i fili dello storico rapporto che lega il Pdl all’Udc.Ma le colombe sono al lavoro. E cercano in tutti i modi di superare quelle asperità e quei risentimenti che si sono sedimentati in questi mesi di duelli a distanza e di «Camera-mercato», e di ricostruire il teatro e il naturale scenario d’azione dei moderati. Di certo c’è che la breve liason tra Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli è finita e non troppo gloriosamente. Il miraggio del Terzo Polo e della grande Opa sul centrodestra è ormai svanito.
E i rapporti personali tra i tre protagonisti appaiono incrinati, messi a dura prova del realismo casiniano e dalla sua consapevolezza che le percentuali da prefisso telefonico degli alleati non consentono grandi voli pindarici. I numeri sono numeri e neppure un’operazione di restyling, con relativa kermesse di presentazione, nuovo nome, fanfare e qualche innesto dalla società civile, potrebbe regalare chissà quale appeal al Partito della nazione. Le macerie lasciate nel campo del centrodestra dalle amministrative ma soprattutto l’immobilità di un elettorato che magari non vota Pdl ma non è disposto a spostare i propri consensi verso chi ha contribuito a far cadere il governo Berlusconi, hanno convinto il leader Udc a riaccendere i rapporti con il suo vecchio alleato.
E Fini e Rutelli ora si interrogano sul da farsi, con il rischio di rimanere prigionieri di una stagione e un progetto bocciato dall’unico, vero termometro della politica: il voto degli elettori. Certo Casini prova a salvare la forma e detta parole di stima per entrambi. Ma la strada appare segnata, nonostante le dichiarazioni risentite dei finiani Briguglio e Granata che lo accusano di avere assunto posizioni «frettolose ». Il fattore tempo, in realtà, inizia a essere decisivo. La scadenza a cui si guarda è quella dei ballottaggi del prossimo fine settimana. Sarà quello l’atto finale di una fase politica. Poi si riaprirà il cantiere del centrodestra alla ricerca di una formula, una coalizione, un progetto che possa rimettere in campo, in vista del 2013, un soggetto credibile in grado di rappresentare l’orizzonte dei moderati. Qualcosa, in realtà, si muove già in queste ore. Pier Ferdinando Casini, da sempre in ottimi rapporti con Angelino Alfano, ha ripreso a dialogare con Gianni Letta. Così come Franco Frattini, prima dell’intervista al Messaggero in cui ha rilanciato la necessità di costruire la casa dei moderati, ha chiamato sia Silvio Berlusconi che Lorenzo Cesa per preannunciare la sua mossa.
Molto attivo anche Maurizio Lupi che da sempre ha un rapporto cordiale con i centristi. Naturalmente la strada verso il ritorno al dialogo diretto tra Berlusconi e Casini non è semplice né scontata. Il negoziato è quantomai complicato. Tutti sono consapevoli che sedersi attorno a un tavolo e discutere di come far nascere il cantiere costituente del popolarismo italiano è inevitabile. Ma ci sono da superare parecchie scorie del passato. Una base su cui i pontieri stanno lavorando è quella di un passo indietro congiunto dei due leader per lasciare spazio a un candidato esterno. I più gettonati sono Luca di Montezemolo e Corrado Passera con Emma Marcegaglia più indietro. Nel Pdl- dove pare che la temperatura tra ex Forza Italia ed ex An sia tornata a salire, soprattutto sulla possibilità che Daniela Santanchè si candidi alle primarie per la premiership- c’è chi vede il traguardo vicino e possibile. Ma anche chi invita alla prudenza, suggerendo piuttosto di riprendere i cavalli di battaglia di sempre sul fisco e la burocrazia.
Berlusconi, però, non ha rinunciato al sogno di
lasciare come sua eredità politica il grande partito dei moderati. Una creatura che rappresenterebbe l’approdo finale di una diaspora che il voto delle amministrative ha fotografato in tutta la sua evidente drammaticità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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