I sogni sono finiti Il lavoro più ambito ora è far di conto

Salvare vite umane e prendersi cura degli altri? Condurre l'esistenza disordinata e geniale dell'artista? Inseguire i grandi scoop facendo il «cane da guardia» dei potenti?
Macché. Il romanticismo è finito, signori.
Adesso si bada solo al sodo: rapporto tra fatica e stipendio, possibilità di carriera, qualità della vita fuori e dentro l'ufficio, livello di stress. Fermo restando che chi ha un lavoro se lo tiene stretto, e chi non ce l'ha si adegua anche con impieghi non in linea con la propria formazione, sono le aspirazioni professionali stesse ad essere cambiate, negli anni della crisi globale.
Meno spazio ai sogni e piedi piantati saldamente a terra, pochi grilli per la testa e tanto pragmatismo. Lo ha ribadito, da ultimo, la classifica del portale CareerCast, pubblicata qualche giorno fa dal Wall Street Journal.
Fanalino di coda, tra 200 professioni, quella del giornalista - «dei quotidiani di carta», precisa il WST, come a dire che per settimanali e informazione online il discorso cambia -, considerata povera di «prospettive lavorative, con uno stipendio medio che continua a scendere mentre crescono le ore di impiego, rendendo nell'insieme il lavoro più stressante». Se subito sopra si trova il taglialegna, che sale di una posizione rispetto all'anno scorso ma resta l'attività che quasi nessuno auspica per se stesso, quello che emerge è che mestieri da sempre avvolti da un'aura di fascinazione oggi crollano miseramente nel gradimento generale sotto i colpi della realpolitik.
Se pensate, ad esempio, che chi fa l'attore trascorra il suo tempo tra raffinate cene in terrazza e celebri teatri, siete indietro: lo sanno tutti che la gran parte rimane a vita nel «sottobosco», e sa va bene sopravvive di fiction in tv e pubblicità.
Nell'elenco, infatti, il mestiere incarnato dalla musa Melpomene compare al quart'ultimo posto. Meglio, nel caso in cui proprio non si voglia rinunciare al mondo dello spettacolo, buttarsi a fare il dee jay, che sta già un po' più su, posizione 179.
Non è solo una questione di «vile denaro». Potendo scegliere, dove e come vorremmo lavorare? C'è ancora chi, poeticamente, sogna di fare il guardiano del faro. O chi desidera cambiare e dice: «Mollo tutto e mi trasferisco in Australia». Non a caso un mese fa il locale Ente del turismo ha lanciato l'iniziativa «Best job in the world», mettendo in palio sei posti di lavoro (a tempo determinato) nelle località più belle della terra dei canguri: sono arrivate decine di centinaia di richieste, e la gara è tuttora aperta tra i 25 «finalisti» per ciascuna posizione lavorativa. Le nostre inclinazioni, però, sono rapidamente mutate. Solo due anni fa, la rivista Forbes aveva pubblicato la top ten dei lavori che rendono più felici. Ai primi posti si trovavano il prete, il pompiere, l'insegnante di sostegno, lo psicologo. A parte quest'ultimo, gli altri tre risultano, nel sondaggio di CareerCast, rispettivamente alle posizioni 110, 167 e 101. E sono tutte figure che, ciascuna a suo modo, si occupano di aiutare chi si trova in difficoltà. Può essere un caso, certo.
Eppure, tra i mestieri della felicità secondo Forbes ce n'è solo uno che si piazza bene anche nell'ultimo sondaggio: l'ingegnere. Dal biomedico all'elettronico (secondo e terzo posto) fino al civile e petrolifero, le varie branche godono ancora di ottima considerazione.

In testa alla classifica troviamo l'attuario, cioè un laureato in matematica, statistica o economia che studia l'andamento futuro di fenomeni economici incerti: tariffe delle assicurazioni, fondi pensionistici, valore di un patrimonio, rischi aziendali. Insomma, più che salvare gli altri, ci preme salvare noi stessi. Dall'incertezza, prima di tutto.

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