
Prima che Giorgia Meloni leggesse testualmente alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, quanti esponenti e simpatizzanti della sinistra lo avevano davvero letto? Molti di quelli che oggi sostengono che il presidente del Consiglio ha sbagliato perché lo ha decontestualizzato, nei giorni precedenti lo hanno sventolato in piazza e sui social senza averlo nemmeno mai avuto tra le mani prima di quel momento. E sono stati loro i primi a decontestualizzarlo. Il Manifesto di Ventotene non può essere un dogma di fede, perché sarebbe contro i principi democratici che, invece, chi lo sventola sotiene che li difenda. Alla Camera, i parlamentari, inclusa Elly Schlein che la cosa migliore che ha saputo fare è stata chiedere a Meloni di dichiararsi antifascista, non sono stati capaci di fare una controreplica adeguata e allora ecco che in loro soccorso sono scesi gli intellettuali, o simili, pronti a vergare il premier con la loro dialettica. Tra queste fila si è inserito anche Roberto Saviano, immancabile.
"Meloni insulta e manipola le parole del Manifesto di Ventotene", si legge in un comunicato dello scrittore. Meloni, però, alla Camera si è limitata a leggere testualmente le parole di quel manifesto e a dire, rivolgendosi alle opposizioni che la stavano fischiando, "non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia". Eppure, secondo Saviano, il premier avrebbe insultato e manipolato il Manifesto e nel suo comunicato inserisce del testo le parti più comode del pensiero di chi lo ha redatto, ignorando le altre, quelle riferite dal premier in Aula. "Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni immaginavano un’Europa libera, solidale e antifascista. Scrivevano che il crollo del fascismo non avrebbe portato automaticamente alla libertà e che a nessuno sia permesso di vivere in indigenza", dice lo scrittore, omettendo che avrebbero voluto, tra le altre cose, abolire la proprietà privata.
E poi riporta un altro passaggio, quello che abolisce la sovranità degli Stati attraverso "la creazione di una solida unità politica internazionale". E Saviano loda questo passaggio, perché, dice, "solo un’Europa unita può garantire la pace duratura, eliminando i conflitti tra nazioni e superando i nazionalismi che avevano portato alle guerre mondiali". Ma tutto questo, secondo il Manifesto, sarebbe dovuto venire per tramite di una dittatura socialista. Dettaglio abilmente omesso. Saviano ha utilizzato la stessa strategia di Roberto Benigni su Rai Uno, che per altro ha avuto il privilegio di fare due ore e mezzo di monologo senza nemmeno un'interruzione pubbicitaria. E questa concessione solitamente viene fatta solamente al presidente della Repubblica o alle comunicazioni istituzionali. Dal palco, in Eurovisione e su numerosi canali Rai, ha fatto una lunga digressione sull'Unione europea, elogiandola e incensandola in ogni suo aspetto, non facendosi mancare nemmeno il passaggio su Ventotene, ovviamente, paragonato in un certo modo alla costituente degli Stati Uniti.
E non ha mancato l'occasione nemmeno lo scrittore Antonio Scurati, che un anno fa diventava l'emblema dell'italico antifascismo per il Partito democratico.
"Se il capo del governo afferma che questa non è la sua Europa, allora ci deve dire quale sia la sua Europa, perché a questo punto, anche a voler far credito della più piena buona fede, c’è un sospetto: non è mica quella degli antagonisti, quella che teneva imprigionati Spinelli, Rossi e Colorni?", chiede retoricamente lo scrittore. Un modo nemmeno troppo velato per dire che Meloni guarda al fascismo senza dirlo. Un modo come un altro per promuovere il quinto libro della sua saga "M. il figlio del secolo", di imminente uscita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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