"Il Manifesto di Ventotene? Una boiata pazzesca". L'affondo di Galli della Loggia

Lo storico è tranchant: politici, banchieri ed economisti - soprattutto quelli italiani - sembrano non aver letto il testo di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni

Ernesto Galli della Loggia
Ernesto Galli della Loggia
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Prosegue senza sosta il dibattito sul Manifesto di Ventotene. Ieri, nel suo intervento alla Camera dei deputati, Giorgia Meloni ha citato il testo scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni sottolineando che quello non rappresenta la sua Europa. Apriti cielo. La sinistra è andata su tutte le furie, con invettive durissime e sceneggiate di ogni tipo. C'è chi, come il dem Federico Fornaro, che ha chiesto alla leader del governo di inginocchiarsi di fronte ai "padri dell'Europa", per poi sbattere i pugni contro il suo bianco e scoppiare in lacrime. Lo scontro è rovente e c'è da registrare il pensiero - a dir poco tranchant - di Ernesto Galli della Loggia.

"Il Manifesto di Ventotene? Una boiata pazzesca". Questo il titolo scelto dal Foglio per lanciare un estratto del libro dello storico incentrato proprio sul testo difeso a spada tratta dai compagni. Secondo l'editorialista del Corriere della Sera, politici, banchieri ed economisti - soprattutto quelli italiani - sembrano non aver letto il Manifesto. Galli della Loggia ha rimarcato che il documento è stato firmato nel 1941, periodo molto particolare della storia, epoca di totalitarismi con gli autori confinati a Ventotene dal regime di Mussolini. Lo stato liberale ha fallito - il sunto del Manifesto - e non ha più futuro. L'unica soluzione è la "rivoluzione europea" che "dovrà essere socialista".

Ma non è tutto. Come ricordato da Galli della Loggia, le fondamenta del nuovo ordine non potranno essere affidate al popolo. Inutile, dunque preoccuparsi di una "preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare”. Stando a quanto sostiene Della Loggia, "Il Manifesto propone è una rivoluzione dall’alto di tipo giacobino-leninista che non stia a curarsi troppo di che cosa pensa il popolo".

Da qui lo stupore dello storico: "È abbastanza sorprendente che schiere di esponenti politici, presidenti del Consiglio, vertici della Banca d’Italia, giornalisti di grido – i quali oggi si batterebbero come leoni perché neppure un decimo dei propositi suddetti si realizzasse nei propri paesi, e che quasi sempre sono autori di una costruzione europea realizzata su basi del tutto opposte – è abbastanza sorprendente, dicevo, che a scadenza fissa persone di tal genere ostentino invece una devozione encomiasticocelebrativa di maniera verso i propositi giacobini di Spinelli, Rossi e Colorni, elevati a Magna Charta del federalismo continentale".

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