Buzzetti (Ance): "Investimenti a secco: il premier ci ha deluso"

Il leader dei costruttori critica il Def: "Sbloccare subito i fondi per pagare i debiti della Pa"

Buzzetti (Ance): "Investimenti a secco: il premier ci ha deluso"

Roma - aolo Buzzetti esce dall'ennesima riunione nella sede dell'Ance con Antonio Tajani e ancora non vede la luce: «Le ultime notizie non sono buone». Sui mancati pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese il presidente dei costruttori e il commissario europeo per l'Industria sono alleati da tempo, ma i loro sforzi congiunti ancora non sono riusciti a sciogliere il nodo. Ed è grande la delusione degli imprenditori edili anche per il taglio degli investimenti nelle opere pubbliche contenuto nel Def.

Tutte le promesse del governo Renzi non hanno prodotto risultati?

«Alcuni segnali incoraggianti su scuole e dissesto idrogeologico ci sono, ma da soli non bastano. Non possiamo più accettare rinvii sull'allentamento del Patto di stabilità, che blocca 6 miliardi di euro già disponibili nelle casse degli enti locali. Questo è in contrasto con la direttiva europea di gennaio sui pagamenti, voluta proprio da Tajani. È paradossale che se un sindaco vuol pagare i debiti, rischi delle sanzioni perché allo Stato italiano conviene di più trasgredire alle regole Ue che violare il Patto di stabilità».

Si è parlato di una corsia più lenta per smaltire i debiti della Pa per i lavori pubblici, rispetto agli altri.

«Il settore delle costruzioni è quello più colpito dai ritardi, con 11miliardi ancora vantati nei confronti della Pa. L'80 per cento di questo denaro c'è e il problema si risolve solo pagando tutte le imprese, nessuno escluso. Per farlo serve un consistente allentamento del Patto di stabilità. Vincoli europei non ce ne sono, come ha ribadito Tajani, la responsabilità è tutta del governo».

Qualche segnale positivo c'è?

«L'ultima proposta è che gli enti locali mettano sulla piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti la data in cui effettueranno il pagamento o i motivi della contestazione. Questo dovrebbe offrire chiarezza alle banche, convincendole ad erogare mutui. Ma finché gli enti non possono sforare non pagheranno i debiti, che continueranno ad accumularsi».

Il Def prevede nel triennio un taglio di 2,7 miliardi di euro di investimenti. Delusi?

«Certo. Non mi aspettavo un Def alla Obama, ma qualcosa di più sì. Invece, le spese per gli investimenti riprenderanno forse dal 2018. I 13 miliardi aggiuntivi sono un passo avanti per ristabilire correttezza nei rapporti tra Stato e imprese, però va chiarito quanti serviranno ai pagamenti in conto capitale per i lavori pubblici».

Siete soddisfatti, invece, per il piano sulle scuole e il dissesto idrogeologico. Davvero i lavori partiranno a metà giugno, come annunciato da Renzi?

«Per ora stiamo discutendo sui meccanismi per l'uso delle risorse, perché è importante rapidità e trasparenza. Ci sono 2 miliardi già disponibili per l'edilizia scolastica e 1,5 per ridurre il rischio idrogeologico. Se il governo riuscisse a sbloccarli si aprirebbero 6mila cantieri. Serve una cabina di regia a Palazzo Chigi peri una governance che superi la frammentazione delle competenze, che blocca molti programmi finanziati. E per un piano pluriennale si dovrà allentare il Patto di stabilità, trovare nuove risorse statali e utilizzare parte dei fondi strutturali Ue e del fondo per Sviluppo e coesione».

Intanto, il mercato immobiliare si sta un po' riprendendo?

«Una

“ripresina” che non va soffocata, ma aiutata: quasi 12 milioni di persone, dice una nostra ricerca, acquisterebbero casa se ci fossero incentivi fiscali, mutui più accessibili e più alloggi ad alta efficienza energetica».

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