A volte ritornano. Non avrà il valore di un referendum istituzionale né servirà come trampolino per un improbabile tuffo nel passato e nella storia pre-repubblicana, ma nelle prossime elezioni comunali di Roma ci sarà un ritorno importante per il microcosmo di appassionati-nostalgici delle vicende monarchiche italiane. Nella galassia di simboli che gli elettori troveranno sulla scheda (ben 22 candidati per 45 liste), comparirà, infatti, anche «Italia Reale», la lista dei «monarchici per Roma», che si presenta come «alternativa non grillina allo sfascio repubblicano». E sarà proprio il simbolo - ben noto a chi abbia una memoria storica della prima Repubblica - uno dei punti forti di questa rentrée visto che il candidato sindaco Angelo Novellino e gli aspiranti consiglieri correranno sotto le insegne del logo di Stella e Corona ideato da Alfredo Covelli (storico fondatore del Partito Nazionale Monarchico, con il quale venne eletto alla Camera nel 1948 dove resterà, sempre rieletto, fino al 1976) e il cui figlio ultimogenito Gian Piero sarà presente in lista. Con lui una serie di candidati di sangue blu tra cui Lavinia Massimo, «appartenente a una famiglia» ricorda Novellino «legata profondamente alla città di Roma ma anche ai Savoia visto è la nipote di Maria Adelaide di Savoia».
Il punto di forza, in base alle speranze di promotori, sarà il tentativo di riaggregare e rappresentare tutte le varie «correnti» monarchiche. «Nelle nostre liste ci sono esponenti filo-Savoia, filo-borbonici di Spagna e di Napoli e filo-Aosta ma anche simpatizzanti del Granducato di Parma e di Martino d'Austria, solo per citarne alcuni» spiega Novellino. «Questo proprio per testimoniare la riunificazione delle varie anime monarchiche dopo anni di lotte intestine». Il candidato sindaco «coronato» non si cura troppo di chi, inevitabilmente, gli chiede se la loro inconfessabile idea sia quella di eleggere un ottavo re di Roma o promuovere nell'immediato una modifica della forma di governo in Italia.
«Io sono di origine meridionale» racconta «e nel Meridione d'Italia il sentimento monarchico è sempre stato radicato. Sono cresciuto con questo riferimento e questa tradizione familiare ma si tratta anche di un quid che si elabora nel tempo e ha a che fare con l'amore per la patria e con l'esigenza di avere un simbolo che unisca e rappresenti l'immagine di un Paese». Nessun timore di essere oggetto di dileggio o di essere additati come presenza folkloristica. «In Europa ci sono dodici monarchie, tredici con il Vaticano. Purtroppo in Italia i libri di storia fanno di tutto per disinformare e ridurre al minimo l'attrattiva della monarchi. Personalmente mi ha sempre affascinato la figura di Umberto II, il suo senso dello Stato, l'amore che lo legò alla sua gente, il sacrificio supremo del suo dignitoso esilio. So perfettamente che il ritorno alla monarchia non è un percorso di breve termine. Forse potrebbe essere assimilabile, come tempi, prospettiva e gestazione, a quello che portò all'Unità d'Italia. Il punto è che serve un nuovo Risorgimento, una religione della patria che si esprima nella gestione della cosa pubblica, troppo spesso soggetta a corruzione. Per questo noi a Roma puntiamo a mettere in campo valori forti contro i poteri che sostengono i nostri avversari». «La questione dinastica» continua «per noi è tutt'altro che attuale, non ci interessa incarnare un filone legittimista. Anzi il nostro punto di vista è profondamente liberale. Una proposta forte e anomala visto che tra i candidati a sindaco di Roma la presenza di veri liberali è del tutto assente. Noi quindi puntiamo a gettare le fondamenta per creare un ponte ideale tra Covelli e Malagodi. Fermo restando che non ci piegheremo mai alla retorica della Costituzione più bella del mondo perché questa è semplicemente una balla. In realtà lo stesso Statuto Albertino era molto meno rigido della nostra Carta Costituzionale, decisamente non inadatta ai tempi moderni». In filigrana e attraverso il velo della prudenza, insomma, il profilo di una corona si intravede.
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