«La democrazia è la peggior forma di governo ad esclusione di tutte le altre». Ascoltando la celebre definizione di Winston Churchill, Massimo D'Alema sorriderebbe beffardo di fronte alla banalità della citazione.
Lui sì che di democrazia se ne intende. Due giorni fa era a Pechino, invitato dal Dipartimento comunicazione del Partito Comunista cinese per il Third International Forum for Democracy, dall'impegnativo titolo: «Valori umani condivisi». Di fronte a una corte di funzionari del PCC e a un nutrito auditorio di sconosciuti politici del terzo mondo ha tenuto banco con un discorso pubblicizzato ieri dall'ambasciata cinese in Italia.
Dovendo parlare di democrazia e diritti ha subito affondato il colpo, individuando il nocciolo della questione: «Il nostro modello di democrazia occidentale ha perso credibilità ed efficacia», ha riassunto le sue parole il China Daily. Nei filmati diffusi in Rete il lìder Maximo elabora il concetto: «La politica, confinata a una dimensione nazionale, viene soffocata dal potere del capitalismo globale. Le motivazioni per la partecipazione si riducono, come accade in così tanti Paesi occidentali. Si diffondono fenomeni di populismo e irrazionalità».
I tempi contingentati dello speech ufficiale devono avere impedito a D'Alema di affrontare un altro spinoso corno del problema, come lo stato della democrazia in Paesi come la Cina. Così sono mancati i riferimenti ai dissidenti di Hong Kong, umiliati e incarcerati nelle prigioni di massima sicurezza, o al popolo uiguro, vittima di una repressione con pochi uguali nell'età contemporanea. A dir la verità, l'uomo più intelligente della politica italiana (non c'è dubbio che tale l'interessato si consideri), un monito l'ha lanciato: «in Europa soprattutto, siamo giustamente orgogliosi della nostra democrazia. Ma il modello, frutto di un lungo percorso storico, non può certo essere esportato o addirittura imposto agli altri Paesi».
Guai, dunque, a chi pretenda di applicare standard, verrebbe da dire «occidentali», con tutto quello di negativo che il termine secondo D'Alema comporta, alla Cina. Nel caso di Taiwan, per esempio, una democrazia «soffocata dal capitalismo globale» si affretterebbe ad applicare il principio di autodeterminazione dei popoli, condannando con fermezza le mire cinesi. Ma il nostro, direbbe «Baffino» è un modello «che ha perso credibilità ed efficacia» e che per di più «non si può esportare».
Da sempre D'Alema («D'AleMao», secondo un vecchio soprannome) è un ammiratore del pensiero terzomondista e della via cinese al socialismo. Vederlo, però nei panni di piazzista dell'anti-democrazia, ospite spesato e riverito di quella che è, puramente e semplicemente, una dittatura, fa un certo effetto.
Di recente era finito sui giornali (e anche indagato dalla Procura di Napoli) per una complicata mediazione su delle
forniture di armi ed elicotteri alla Colombia. Lui consigliava ai suoi interlocutori di non comunicare via Whatsapp ma via Signal, canale più riservato e meno intercettabile. Sembrava brutto. Ma forse era meno peggio di oggi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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