L'Anpi e le foibe, la memoria a senso unico

Meglio parlare del "fascismo": l'Anpi torna alla carica per minimizzare i crimini compiuti dal comunismo slavo

L'Anpi e le foibe, la memoria a senso unico
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L'Anpi ci riprova e, con la scusa di un sano revisionismo e di una corretta applicazione delle Legge sul Ricordo, chiede che il prossimo 10 febbraio, durante le commemorazioni per i martiri delle foibe, si parli più diffusamente dei crimini compiuti dal fascismo in Istria e Dalmazia. Solo in questo modo - prosegue l'associazione dei fu partigiani - si farà piena giustizia di quei morti e, soprattutto, ci sarà una memoria condivisa di quegli eventi.

Ora, che ci furono crimini ai danni della popolazione locale durante l'occupazione fascista è cosa nota e non serve certamente l'Anpi per ricordarlo. Il memoriale del campo di Arbe, con i suoi cippi e le sue lapidi, è lì proprio per questo. Ma è altrettanto vero che presentare le foibe semplicemente come una rappresaglia contro i nostri connazionali è fuorviante. E anche dannoso. È il partigiano Giovanni Battista Padoan, nome di Battaglia «Vanni», uno che ha partecipato al massacro di Porzus e che non ha mai rinnegato la sua partecipazione alla Resistenza, a dire che quei massacri «furono un sistema di pulizia politica perpetrata dai partigiani di Tito contro chiunque, compresi convinti democratici e antifascisti, si opponesse all'annessione della futura Jugoslavia». Per Marino Micich - direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume-Società di Studi Fiumani e autore di Togliatti, Tito e la Venezia Giulia. La guerra, le foibe, l'esodo (Mursia) - «noi delle associazioni storiche dell'esodo giuliano-dalmata raccontiamo sia le responsabilità del fascismo sia del nazismo in Adriatico orientale ma anche i crimini dei cosiddetti liberatori comunisti jugoslavi, la cui polizia segreta Ozna fece decine di migliaia di vittime, tra cui 10mila italiani quindi giuliani, fiumani e dalmati, uccisi nelle foibe, annegati in mare ed eliminati nei lager jugoslavi. Come anche ricordiamo le stragi di decine e decine di comunisti italiani di Monfalcone, che andati in Jugoslavia per costruire il socialismo, rimasti fedeli a Stalin, vennero ripagati dopo l'uscita di Tito dal Cominform (luglio 1948) appunto con metodi liquidatori. Un altro dramma sempre sottaciuto dall' Anpi e dal Pci».

Perché l'obiettivo dei comunisti slavi era quello di cacciare o eliminare fisicamente chiunque potesse rappresentare un pericolo. Quella delle foibe, infatti, non è solo una tragedia italiana. È anche, e forse soprattutto, un dramma europeo. In quegli abissi finirono infatti croati, sloveni, tedeschi. Chiunque si opponesse a Tito. Non a caso, lo storico Renato Podbersic lo ha definito «un massacro multietnico di carattere politico», che si è voluto a lungo nascondere, mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, già nel 2007 aveva parlato di «congiura del silenzio» e, con coraggio, a proposito delle foibe e dell'esodo, aveva detto: «Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica. Quel che si può dire di certo è che si consumò - nel modo più evidente con la disumana ferocia delle foibe - una delle barbarie del secolo scorso».

Oggi l'Anpi torna alla carica per minimizzare i

crimini compiuti dal comunismo slavo e per chiedere che tutte le tesi, anche quelle più inaccettabili, abbiano la stessa dignità storica. Anche andando contro gli insegnamenti del primo presidente comunista della Repubblica.

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