L'emigrante di ferro che rifiutò di morire prima di rivedere casa

Quindicimila chilometri, tre continenti e tre infartyi: Giuseppe si è arreso solo dopo avere riabbracciato i fratelli

L'emigrante di ferro che rifiutò di morire prima di rivedere casa

Ci sono appuntamenti che non si possono mancare. Il richiamo scatta da luoghi remoti dello spirito, al momento giusto, come una sveglia ancestrale che ci scuote e ci catapulta a destinazione. Dopo sessant'anni d'Australia, la sveglia suona per l'emigrante siculo Giuseppe Petrolo: partito ragazzo dalla Sicilia, in un'altra vita, al traguardo degli ottanta sente che questa è l'estate giusta per tornare al paese, Frazzanò, nella zona di Sant'Agata Militello, l'indimenticato borgo avito della gioventù. Giuseppe vuole rivedere la cara sorella Maria, 88 anni, e il fratello minore Salvatore, di 73, gli ultimi parenti stretti che non vede dagli anni Novanta: vuole farlo adesso, in questa estate 2012, perché il tempo è passato in fretta e tutti e tre sono nell'inverno estremo della loro lunga esistenza. Dentro, qualcosa gli dice che rimandare ancora potrebbe trovare un posto vuoto nell'appuntamento di famiglia.
Tutto è pronto da tempo, volo prenotato per il 6 agosto, quindicimila chilometri per ritrovare il punto primo, d'origine e di partenza, il vero centro di tutta una vita. Giuseppe conta i giorni e si culla nelle emozioni. Ma nella settimana della vigilia il suo vecchio cuore, depositario dei sentimenti più segreti, gli gioca il peggiore degli scherzi. La crisi cardiaca ha tutta l'aria di smontare sul nascere il sogno del ritorno. Per una volta, Giuseppe però non è d'accordo con questo suo cuore inopportuno e recalcitrante: ci sono appuntamenti che non si possono mancare, questo con i fratelli non lo vuole mancare per nessuna ragione al mondo, fosse pure un infarto carogna. Quando i medici australiani esauriscono le prime manutenzioni d'emergenza, l'anziano paziente si assume la responsabilità di lasciare l'ospedale in anticipo e di partire comunque, contro il buonsenso e contro la prudenza, ma soprattutto contro gli agguati vigliacchi del destino.
Purtroppo, la battaglia si dimostra durissima. Il cuore di Giuseppe non è meno cocciuto di Giuseppe. Durante il lungo volo verso l'Europa, sopra il Senegal, c'è un secondo infarto. Atterraggio d'emergenza, furiosa corsa verso l'ospedale di Dakar, nuovi soccorsi in cardiologia. Tutto lascia pensare che il desiderio senile di Giuseppe debba finire proprio lì, a mezza strada tra l'Australia e la Sicilia, tra se stesso e le sue radici. Ma Giuseppe ne ha viste e ne ha sopportate troppe, nella lunga e movimentata avventura da emigrante, perché questo cuore ingrato e perfido l'abbia vinta. Anche stavolta, come in Australia, Giuseppe saluta e ringrazia per le premurose cure, ma riparte subito, benché malato, benché debole, benché sempre più in affanno.
La folle corsa lo ritrova così in atterraggio a Roma, e quindi di nuovo in volo verso Catania. Al primo respiro di Sicilia, Giuseppe avverte subito di sentirsi meglio. All'aeroporto di Fontanarossa chiama il primo taxi e chiede che lo riportino finalmente a casa, sui Nebrodi, da dove era partito tanti e tanti anni fa, senza andarsene mai. Si è ripromesso di fare la grande sopresa ai fratelli, la più sorpresa di tutte, perché mai Maria e Salvatore si aspetterebbero una carrambata di questo genere. Per prepararsi adeguatamente all'evento, Giuseppe decide di passare prima nella sua vecchia casa, che non ha mai venduto, per annusare un po' di infanzia e per darsi una rinfrescata. Sembra davvero fatta, sembra tutto superato e vinto. Ma c'è sempre quel cuore inaffidabile e imprevedibile che proprio non si rassegna: anche qui, nell'antica casa, a pochi metri e a pochi minuti dal traguardo, c'è un nuovo attacco. Il terzo, il più deciso. Giuseppe ha solo la forza di chiamare i vicini e di farsi portare dal 118 all'ospedale di Sant'Agata Militello. A questo punto, non ha più velleità di sorpresa: sente che la sorpresa non è più possibile, i fratelli vanno avvertiti, subito, perché accorrano, perché ci sono appuntamenti che non si possono mancare, perché questo ha tutta l'aria d'essere il più importante, perché potrebbe essere l'ultimo…
Raccontano in ospedale che l'abbraccio tra Giuseppe, Maria e Salvatore diventi qualcosa di toccante e di indimenticabile. L'anziano e inarrestabile emigrante corona il suo sogno, vincendo la sfida dei chilometri, dei rischi, dell'età.

Stretto alla sua famiglia, nel calore della sua terra, non c'è più niente che debba chiedere al suo vecchio cuore. Sportivamente, stavolta gli lascia partita vinta, senza lottare, con un sorriso soddisfatto, perché ci sono appuntamenti che non si possono mancare e lui non l'ha mancato.

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