La lezione che non piace ai manettari

La riforma della giustizia del ministro Nordio è stata applicata nei giorni scorsi in un'indagine di droga: si è ricorsi all'interrogatorio preventivo

La lezione che non piace ai manettari
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Allora non ci siamo proprio. I soliti giornali manettari sono disperati perché, qualche giorno fa, anziché arrestare alcuni presunti trafficanti di droga il gip di Milano ha scelto la strada segnata dalla riforma della giustizia di Carlo Nordio, ovvero l'interrogatorio preventivo. A stracciarsi le vesti più di tutti è il Fatto quotidiano, incredulo rispetto alla decisione assunta dal giudice delle indagini preliminari di rigettare le richieste dei pm su alcuni soggetti coinvolti nell'indagine sulla gestione del traffico di droga della ndrangheta in Lombardia rivelata dalla maxi-inchiesta della Procura di Milano e del Gico-Goa della Guardia di Finanza, con al centro il rampollo Domenico Papalia (nella foto), figlio del mammasantissima Antonio, indiscutibilmente tra i leader di 'ndrangheta in Lombardia, la cui pericolosità sociale ha invece convinto il giudice ad arrestarlo.

Alcune captazioni in cui si fa riferimento a traffici di droga, minacce di morte e legami con le cosche calabresi non sono bastate, ci sarebbero anche tre colletti bianchi accusati di riciclaggio a restare liberi, «è la prima volta in Italia», si lamenta il Fatto.

In passato alcune inchieste su presunti trafficanti di droga sono state letteralmente fatte a pezzi in Appello, la vita di molte persone è stata ingiustamente distrutta da accuse che si sono rivelate maldestramente costruite, la detenzione cautelare a cui sono stati sottoposti era ingiusta perché erano estranei alle ipotesi della Procura. Non molti giorni fa, un esperto d'arte è stato assolto dall'accusa di essere un riciclatore al soldo dei narcotrafficanti.

Alcune intercettazioni su un criptofonino a lui attribuite non erano sue, il pm voleva arrestarlo, per quasi due anni è stato obbligato a presentarsi ogni giorno alla polizia giudiziaria da innocente. A volte i pm sbagliano, in buona o mala fede. Non sempre le intercettazioni sono affidabili o univoche. Quanti innocenti in cella servono per capirlo?

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