Libertà, solidarietà e centralità dell’uomo. Quei capisaldi dei Popolari che ci renderanno vincenti in Europa.

Pubblichiamo la risposta del vicepresidente del Partito popolare europeo Antonio Tajani alla lettera spedita una settimana fa dal Pontefice in occasione del vertice del Ppe a Roma.

Libertà, solidarietà e centralità dell’uomo. Quei capisaldi dei Popolari che ci renderanno vincenti in Europa.

Il messaggio che Papa Francesco ha inviato ai membri del gruppo del Ppe si snoda lungo alcune direttrici che invitano a una serie di riflessioni. Il Santo Padre sottolinea innanzitutto il fatto che «siamo parlamentari» e dunque «rappresentanti dei cittadini» che ci hanno affidato un mandato. E per questo siamo chiamati ad avvicinare ancora di più le istituzioni alle diverse comunità. Tra i nostri compiti, dunque, c'è quello di restituire l'esatto profilo di quella società «alternativa» che oggi è rappresentata da donne e uomini che hanno rinunciato alla politica e che vedono nei palazzi del potere un luogo lontano dal loro quotidiano e dal loro interesse. Un gigante afono che vuol ritrovare la parola. Sta a noi restituirgli voce. Francesco parla poi di pluralismo, inteso come valore all'interno del Partito Popolare Europeo. Fermo restando che, sottolinea il pontefice «quando ci sono in gioco valori etici primari e punti importanti della dottrina sociale cristiana occorre essere uniti». Anche perché, continua, «il politico cristiano dovrebbe distinguersi per la serietà con cui affronta i temi, respingendo le soluzioni opportunistiche e tenendo sempre fermi i criteri della dignità della persona e del bene comune». E in questo il Papa fornisce lo strumento principe del nostro agire politico: la Dottrina Sociale della Chiesa. L'idea che sia necessario difendere valori non negoziabili come la vita, la famiglia, i più deboli e chi soffre, è stata largamente condivisa dal Ppe e da Forza Italia fin dalla sua nascita, in un periodo in cui, soprattutto a sinistra, chi osava avanzarla era guardato con sospetto. Per quanti come noi la sostengono da tempo, ciò è fonte di soddisfazione. Un altro aspetto evocato dal Santo Padre nella sua lettera è la visione di «un'Europa che tenga insieme unità e diversità». Per questo ci chiede «una forte ispirazione, un'anima, dei sogni, valori e visione politica alti». In questo quadro la politica deve recuperare un prestigio e un primato indispensabili per rinnovare la vita pubblica. Il destino del Ppe è strettamente connaturato alla identità dei suoi sostenitori, della sua classe dirigente e alla capacità di saperla declinare nelle sedi istituzionali e nella società contemporanea. Sono convinto, infatti, che per i partiti esiste un futuro solo a condizione che non venga smarrita la nozione del passato. E questo glorioso passato deve essere recuperato e proposto con rinnovato vigore a quegli italiani, per esempio, che fanno fatica ad entrare nel dibattito politico e democratico e che invece, grazie al nostro impegno, potranno entrare di diritto nel «luogo ideale» dove è possibile ancora proporre, discutere, inventare: il centro. Sul piano politico il centro rappresenta un bagaglio di esperienze e di realizzazioni di non poco conto. Si tratta di una presenza indiscussa e prestigiosa legata ai valori e alla tradizione cattolico-liberale, ma che deve necessariamente esprimersi in una realtà nuova e moderna, avere il coraggio di aprirsi verso l'esterno, dialogare con i nuovi soggetti, le nuove realtà sociali. In questo contesto dobbiamo sapere agire, individuare e salvaguardare le ragioni di una scelta politica moderata, pluralistica e riformista nata e alimentata nella cultura cattolica. Una presa di posizione netta, quella a cui è chiamato il Ppe, perché rimanga viva l'esperienza di un movimento senza il quale andremmo verso pericolose derive. In questo senso, e con questa forte consapevolezza, intendiamo contribuire al dibattito in corso sul futuro politico del nostro paese, per diventarne parte attiva e determinante. L'ultima osservazione contenuta nel messaggio, riguarda i giovani. «Guardiamo a loro» scrive Francesco «e pensiamo a un'Europa e a un mondo che siano all'altezza dei loro sogni». I ragazzi che studiano e che hanno scelto di impegnarsi a vario titolo all'interno della nostra grande famiglia hanno avvertito fin da subito che l'omologazione stava confinando la nostra storia e tutti i cattolici che volevano trasferire il loro sapere e il loro essere nelle istituzioni, tendevano ad essere considerati una parte di società e, in alcuni casi, una minoranza. La loro risposta è stata chiara: nessun integralismo, né tantomeno richiami ad un partito confessionale. Il loro è stato, e continua ad essere, un impegno coerente, «autonomo», responsabile nel sapere vivere al servizio del prossimo. Coerenza, professionalità e competenza: questi i presupposti del loro agire, coordinato da una mediazione nei confronti dei soggetti diversi. Il tutto nel pieno rispetto della laicità delle istituzioni. Una proposta nuova che vuol dare voce a quelle preoccupanti sacche di astensionismo destinate a crescere. L'esigenza è quella di tornare a chiamare in causa tutti gli strati di quel corpo sociale che le statistiche fotografano come disgregato. Un impegno, quello dei giovani popolari, ispirato alla fraternità e all'amicizia sociale che, secondo il Papa, sono le due componenti che «potranno rianimare l'Europa» individuando nella soluzione del problema migratorio e nella cura del pianeta con una visione antropocentrica le priorità del futuro.

Libertà, solidarietà, centralità della persona, sussidiarietà sono i capisaldi del nostro lessico che ci hanno reso negli anni sempre identificabili e ancor più incisivi per il futuro del Vecchio continente e dell'intero pianeta.

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