L'impero di municipalizzate che costa 13 miliardi l'anno

Mentre Renzi fa la crociata contro gli stipendi dei manager, settemila società in rosso bruciano soldi pubblici

L'impero di municipalizzate che costa 13 miliardi l'anno

Fortunatamente il premier Matteo Renzi ha ammesso che certi tagli sono operazioni prettamente demagogiche. Altrimenti non si spiegherebbe tutto questo can-can per i tagli agli stipendi dei manager pubblici, quando il vero spreco di Stato passa per l'impero delle municipalizzate che ogni anno brucia 12,8 miliardi di euro distribuendo appalti e stipendi e generando un vortice negativo che ingrossa a dismisura il debito. I numeri parlano chiaro. E sono allarmanti. Tra Regioni, Comuni, Province e Comunità montane l'Italia mantiene settemila partecipate che stipendiano 300mila dipendenti, fatturano 43 miliardi di euro e ne investono 115 miliardi. Un grande spreco, pubblico e politico, che dà da mangiare a 16mila amministratori, 12mila componenti degli organi di controllo e circa tremila dirigenti. Un vero esercito che porta più voti che guadagni.

Dai servizi pubblici ai bagni termali, dai casinò alla ristorazione le mani pubbliche sono ovunque. E generano rosso. Il primato, manco a dirlo, va alla Capitale: è Roma la città delle partecipate. "Alla fine del 2010 - spiega il rapporto Irpa - le tre principali aziende del Comune, Atac, Ama e Acea totalizzavano 27.479 posti di lavoro, 2.637 in più rispetto allo stesso periodo di due anni prima (con una crescita di circa il 10%) a fronte di performance spesso scadenti e di ingenti situazioni debitorie". Un esercito di dipendenti che grava sulle casse capitoline. Come calcola il centro ricerche Eures, solo gli organi di vertice e i dirigenti costano 28 milioni di euro. E non generano certo ricavi. All'Atac, per esempio, a fronte di un esborso di 13 milioni di euro c'è un deficit di 156 milioni di euro. E Roma è il paradigma per tutto il Paese. Come spiega Repubblica in un drammatico viaggio sull'impero delle municipalizzate, "le imprese partecipate italiane erano 6.470 nel 2009, 7.340 nel 2011 e alle ultime rilavazioni di Confindustria risultano 7.700. Nel 2011 viaggiavano con una perdita di circa 800 milioni" di euro.

Il grande problema è che le municipalizzate non perdono solo laddove sono costrette a garantire un servizio pubblico. I bilanci sono in rosso anche quando il guadagno è assicurato. Nemmeno con le terme e i casinò riescono, infatti, a generare ricavi. Se si mettono sotto la lente d'ingrandimento le case da gioco, infatti, appare chiara la gestione fallimantare del pubblico. Il Casinò municipale Campione d'Italia, partecipato dal Comune di Como, ha perso 40 milioni di euro nel 2011. Stesso discorso per il Casinò di Venezia, gestito anch'esso dal Comune, che ha chiuso con 16 milioni di euro nel 2011 e 14 milioni di euro nel 2012. Non fa meglio il Comune di Genova che gestendo i Bagni Marina Genovese ha perso 320mila euro di perdite nel giro di tre anni.

E non fanno meglio nemmeno gli enti che amministrano i bagni termali: le Terme di Montecatini hanno perso 1,6 milioni di euro nel 2011, le Terme di Salsomaggiore 3,2 milioni e le Terme di Agnano 3,1 milioni. A conti fatti la crociata di Renzi contro gli stipendi dei manager pubblici è solo uno specchietto per le allodole.

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