nostro inviato a Messina
Un abitino di quelli, come dire, stuzzicanti. Il «top» color rosa cipria, la gonnellina nera, di quelle che frusciano e ondeggiano alla prima bava di vento. Che sia il vento che soffia a Panarea, o sullo Stretto di Messina o a Montecarlo, poco importa, non fa differenza.
O, meglio, quell'abitino sì che fa la differenza per Chiara Rizzo sposata, in seconde nozze, Matacena. Le ricorda una festa importante, e lei lo custodisce e lo custodirà, probabilmente per sempre, tra le istantanee più dolci e sensuali racchiuse nel suo guardaroba d'amore.
Si favoleggia anche e persino sulla storia legata a quell'abito, pensate un po', in questa Messina che è solita respingere al mittente il gossip e le insinuazioni.
«Ma, d'altra parte, tutto quanto ruota o ha ruotato attorno a Chiara, adesso fa notizia, notizia ghiotta, soprattutto per i fotografi, disperatamente in cerca di scoop che faticheranno a trovare, perché scoop, nella vita di Chiara non ce ne sono», sottolinea, non senza una punta di polemica, l'avvocato Bonaventura Candido, che prima di essere uno dei legali della signora Rizzo, è, da sempre, uno dei suoi migliori amici. Già, gossip, insinuazioni, invenzioni. «Meglio sarebbe ristabilire la verità e tracciare un ritratto vero di Chiara Rizzo», esorta e si augura l'avvocato. Cominciamo, dunque.
Da dove tutto è cominciato. Da dove è cominciata la vita di Chiara. «Chiara la timida, Chiara che arrossiva tra i banchi di scuola, alla prima domanda della maestra, così come al primo rimprovero dei genitori», racconta la dottoressa Clara Germanà, docente universitaria, con cui idealmente attraversiamo, a Messina, la strada e la vita della signora Rizzo Matacena. «Siamo diventate prima compagne di giochi, poi amichette e poi, come ha sempre amato ripetere Chiara, due sorelle. E lo siamo ancora, perché io continuo a provare per lei l'affetto che si prova per una sorella e perché, almeno una volta al mese, abbiamo sempre continuato a sentirci per telefono. Ecco perché tutta questa vicenda che oggi vede coinvolta Chiara mi stranisce, perché la Chiara che dipingono oggi non è quella che ha diviso la sua vita con la mia, almeno fino a quando è rimasta in Italia. Fino a quando ha sposato, qui a Messina, un medico stimatissimo come Franco Currò, di vent'anni maggiore di lei. Una persona straordinaria, che le ha voluto un gran bene e nelle cui braccia Chiara si è buttata forse anche perché cercava una figura di riferimento importante, certamente più calda e affettuosa di suo padre, un uomo dal temperamento freddo e austero».
Una pausa, accompagnata da uno di quei sospiri che sottolineano una sorta di rimpianto, e la signora Germanà riprende. «Certo che poi l'incontro con Amedeo, Amedeo Matacena l'ha profondamente cambiata. In qualche modo l'ha un po' allontanata da noi, dalla sua Messina. Perché il denaro e un certo tipo di vita possono cambiare le persone. E forse è questo che accaduto a lei. Che era già bellissima, che era già attratta dal lusso e dai bei vestiti. Vezzosa, sicuramente molto vezzosa, fin da bambina. Anche se per me Chiara è rimasta la piccola Chiara, di quei tempi, quando un niente bastava per renderla silenziosa, titubante. Anche un po' imbranatina». Altro che la frizzante «coppa di Champagne», tutta bollicine ed effervescenza, che entrerà, tanti anni dopo, nell'orbita mediatica del jet-set monegasco. «Io e Chiara, ci siamo conosciute a scuola, alla Canizzaro, perché, dai quattro-cinque anni in poi, la mia vita e la sua sono andate avanti pari pari, si sono intrecciate: stessa scuola, stesse amicizia, stesse frequentazioni».
Il padre, Angelo, laureato in Giurisprudenza e funzionario dell'allora Asl, e la madre, Giulia Attanasio, casalinga e un fratello, maggiore, che oggi vive a Roma. Famiglia molto buona la sua, resa ancora più importante e fors'anche «ingombrante» dalla presenza sulla scena dello zio, Turi, il potente plenipotenziario socialista del luogo, nonché vicesindaco, fratello di papà Angelo. Chiara Rizzo nasce nel cuore del cuore di Messina, il 12 febbraio del 1971. Strategico osservatorio sulla città, la casa, in via XXVII Luglio, dove muove i suoi primi passi. Vicino all'università, al tribunale, quasi di fronte alla scuola elementare Tommaso Canizzaro che poi, ovviamente, frequenterà. E, praticamente accanto, anche dalla storica pasticceria Billè (quella dei settanta chili di gelato al gianduia spediti a Ciriaco De Mita, ad ogni suo compleanno) di piazza Cairoli, salotto buono della città. Il che significa, in rapida e ghiotta, sequenza: granita con panna, pignolata, cannoli. In buona sostanza le uniche, innocenti trasgressioni della Chiara prima versione, quella bambina e adolescente.
Due amiche vere, Chiara e Clara, come se ne incontrano poche nella vita. Che cominciano da subito a dividere e condividere emozioni, sensazioni, paure esperienze. Che dormono una a casa dell'altra, e che, con la loro sempre più stretta confidenza, cementano il legame tra le loro due famiglie. I Germanà e i Rizzo scoprono così anche di avere molti interessi comuni che legano ulteriormente e indissolubilmente. Come l'off-shore, per esempio. «Mio padre era presidente della Federazione motonautica - racconta Clara Germanà - e il papà di Chiara, Angelo era appassionato di motori e di corse. Così Chiara ed io e le nostre famiglie abbiamo girato la Sicilia e la penisola per anni, nei luoghi più incantevoli per seguire le competizioni.
Momenti indimenticabili che hanno riempito di gioia l'album dei ricordi e delle nostre fotografie più belle. Come quelle della festa per i miei 40 anni, nel 2010 quando Chiara è stata per me l'invitata più importante».1-continua
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