Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ieri si è detto favorevole ai matrimoni e alle adozioni gay, accusando l’Italia di "essere terribilmente indietro sul tema dei diritti". Poi, da primo cittadino della Capitale, ha lanciato quella che chiama una "sfida culturale"
volta a coinvolgere opinione pubblica, intellettuali e politici, in particolare del centrosinistra. Infine la promessa: "Roma avrà il registro delle unioni civili". "Non mi fa paura la parola matrimonio tra persone dello stesso sesso - ha detto a Repubblica Tv - Tanti a sinistra invece ce l’hanno. Se due persone si amano si sposano, non vedo dove sia il problema".
Ammette di non essere sempre stato di querso avviso: "Se mi avesse fatto questa domanda nel 1987 probabilmente avrei risposto che non mi sentivo favorevole. Poi seguendo mia figlia in una città all’estero dove aveva compagni di scuola con genitori dello stesso sesso mi sono reso conto che io non ho nessuna contrarietà purché l’adozione venga fatta nell’interesse primario della bimbo o della bimba". Subito è arrivata la replica dell’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha parlato di "pura provocazione in omaggio al pensiero unico progressista. Mi domando perché un sindaco che dovrebbe rappresentare tutti i romani si vada a infilare in questioni controverse e laceranti. È il Parlamento nazionale che nel bene o nel male si deve occupare di queste questioni che per altro contrastano con quanto previsto nella nostra Costituzione repubblicana". Molto dura anche la presa di posizione del senatore Maurizio Gasparri (Pdl): "Le dichiarazioni del sindaco Marino in materia di unioni omosessuali e di adozioni da parte di coppie gay sono autentiche provocazioni. Sa bene che non spetta a lui legiferare su tali materie e che la nostra storia, la nostra cultura e la nostra identità non possono essere cancellate con un colpo di spugna".
Secca replica della diocesi di Roma
"L’iter della proposta per un registro delle unioni civili in Campidoglio - si legge nell’editoriale pubblicato oggi sul sito d’informazione del Vicariato di Roma - è la cronaca di uno sbandamento
normative nazionali preparato con cura, nella piena consapevolezza dell’inutilità di un eventuale varo del registro e della sua irrilevanza giuridica".
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