Maroni tratta col Cav: via il Prof, nuovo asse Pdl-Lega

La linea del segretario del Carroccio: legge elettorale ad agosto, urne a ottobre

Milano Il fatto è, dice Roberto Maroni, che «se lo spread ha superato quota 500 e se il debito pubblico è salito di 3 punti nel pri­mo quadrimestre 2012, significa che sono i mercati ad aver dichiarato il fallimento del governo Monti». E il fatto è, anche, che la Lega ha l’urgenza di ritagliarsi un ruolo da protagonista sullo scacchiere politico, prima che la «strana maggioranza» del Pro­fessore sigli una conventio ad excluden­dum .
Ecco perché ieri il segretario ha mes­so il cappello sulla richiesta di «dimissioni immediate» a Monti, mossa che, a ben guardare, solo il Carroccio poteva osare in questa fase.
Il dato politico nuovo è che lo ha fatto do­po un colloquio con Silvio Berlusconi nel quale gli ha detto che «se lo spread supere­rà i 500 punti, tu devi ritirare il sostegno al governo, perché a novembre, quando hai lasciato, lo
spread era a 400». Il Cavaliere non gli ha dato certezze, del resto allora la situazione non era ancora precipitata. «Ma adesso io spero che ci rifletta, e lo in­contrerò ancora nei prossimi giorni per ri­sollecitarlo » annuncia Maroni, convinto che «qui non siamo più sull’orlo del bara­tro: ci stiamo cadendo dentro, e dobbiamo aprire il paracadute per non sfracellarci». È la fine delle ostilità con il Pdl di Silvio, che proprio Bobo aveva aperto nell’autun­no scorso, contrastando l’asse dell’allora premier con l’allora segretario leghista Umberto Bossi e di fatto avallando la fine del governo Berlusconi. In via Bellerio se lo aspettavano. Almeno da lunedì scorso, quando il segretario zittì Matteo Salvini che diceva: «Mai più col Cavaliere». «Delle alleanze mi occupo io, non tu» era stata la bacchettata al capo dei lùmbard . C’è poi che, accreditandosi come interlocutore del Cavaliere, Maroni riuscirebbe anche a scavalcare il vecchio Capo, amico di Silvio che ancora mina gli equilibri del Carroc­cio.
Così, nei prossimi giorni Maroni chiede­rà un incontro ai pr­esidenti di Camera e Se­nato Gianfranco Fini e Renato Schifani,
ve­drà i leader degli altri partiti e salirà al Col­le da Giorgio Napolitano. Per fare a tutti la stessa richiesta: «Tenere aperto il Parla­mento ad agosto per riscrivere una legge elettorale che, con le preferenze e un pre­mio di governabilità e non solo di maggio­ranza, consenta al popolo sovrano di ri­prendersi la parola e all’Italia di ritrovare stabilità». Il timore di peggiorare la reazio­ne dei mercati non alberga in via Bellerio. Anzi, Maroni dà la lettura contraria a quel­la di chi vede nel voto anticipato un rischio instabilità: «Se lo spread ha toccato quota 520 significa che i mercati non considera­no più affidabile questo governo. Con l’ag­gravante che Monti ha ucciso il tessuto so­cio- economico del Nord». Ergo: «Bisogna interrompere questa agonia: le elezioni re­stituiranno stabilità politica».
Come, e cioè con quale governo, Maroni ancora non lo sa.All’ipotesidi grande coa­lizione risponde ironico: «Pdl, Pd e Udc con la Lega all’opposizione? Fantastico. Ma non credo ci faranno questo regalo». Del resto, molto dipenderà dalla legge elet­torale. «Tutta la nostra strategia è da riag­giornare » avverte Bobo. Quella che, al net­to delle rassicurazioni al governatore Ro­berto Formigoni, guardava a un voto cele­re in Lombardia, accorpando Politiche e Regionali nella primavera del 2013. Quel­la interna, là dove, di fronte a un voto in au­tunno, verrebbero anticipati gli Stati gene­rali del Nord, previsti per fine settembre al Lingotto. Su tutte, quella delle alleanze.

Di­cono i fedelissimi di Bobo che adesso il ce­rino è nelle mani del Cavaliere. Se davve­ro, e questa è la speranza, darà l’appoggio esterno al governo, allora si può ricomin­ciare a discutere. O forse, di più, il patto è già siglato.

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