Adesso le Ong vogliono decidere la destinazione dei soldi pubblici

Le Ong potrebbero sbarcare in almeno altri cinque Paesi dell'Europa, di cui due dell'Unione europea, ma scelgono sempre e solo e l'Italia per poi lamentarsi delle sue politiche

Adesso le Ong vogliono decidere la destinazione dei soldi pubblici
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Continua la lagna delle Ong dei migranti contro il governo Meloni. Un disco rotto, una cantilena infinita per ripetere sempre le stesse cose: l'Italia è cattiva e noi siamo i buoni. Le navi della flotta civile infrangono ripetutamente le norme e le leggi di questo Paese e pretendono non agire al di sopra dell'ordinamento giuridico. Anche il Tar del Lazio, al quale spesso si sono appellate con risultati positivi, ha dato di recente ragione all'Italia: i porti scelti dal ministero dell'Interno sono legittimi. Punto. Ma niente, le Ong devono continuare con il loro canovaccio di accuse, che trovano terreno fertile negli schieramenti politici ora all'opposizione, che si aggrappano a qualunque cosa pur di tentare di dare spallate al governo, incapaci come sono di riuscirci da soli.

"La Ocean Viking doveva essere sottoposta a dei lavori di manutenzione ordinaria ma tornerà fra pochi giorni a fare missioni di soccorso. È vero, però, che quella porzione di mare è sempre più vuota per effetto delle politiche del governo Meloni", ha dichiarato Valeria Taurino, direttore generale di Sos Mediterranee, a La Stampa. Eppure, l'Italia non è l'unico stato costiero che Mediterraneo. Se volessero risolvere davvero il problema, potrebbero provare a cercare altri porti in cui sbarcare i loro migranti, visto che l'Italia ha una gran mole di lavoro a gestire quelli che arrivano in autonomia. Si lamentano di Livorno, e di tutti gli altri che non sono Sicilia, perché troppo lontani, ma lungo il versante Adriatico ci sono almeno cinque Paesi che offrono porti di sbarco più vicini. Per non parlare di Malta. E se nessuno di loro dovesse acconsentire allo sbarco, considerando anche che la Grecia e la Croazia sono Paesi dell'Unione europea e che tutti gli altri sul versante balcanico sono comunque porti sicuri, qualche domanda dovrebbero farsela.

"Dall'inizio dell'anno sono state 5 le navi di Ong messe sotto sequestro o sanzionate. Insieme alla prassi di assegnare porti di sbarco molto distanti determina l'assenza di mezzi capaci di prestare soccorso nel Mediterraneo", prosegue Taurino. Il Tar del Lazio è stato chiaro: "Non convince l'architrave logico secondo il quale la nozione di 'porto sicuro' coinciderebbe necessariamente con quello più vicino alla zona di soccorso". Stop, fine. Eppure, le Ong continuano e vogliono anche dare lezioni di economia pubblica al nostro Paese, sostenendo che gli sbarchi in regioni che non sono la Sicilia e non sono regioni del sud sono "uno spreco di risorse pubbliche".

E l'emergenza non è l'aumento degli sbarchi, secondo Taurino, ma si registrano emergenze nei centri di accoglienza "perché in questi anni non si è mai investito". Forse, il direttore di Sos Mediterranee punta ad avere un ruolo governativo con portafoglio in un prossimo governo di sinistra vista la sua spiccata verve nel dire come devono essere spesi i fondi pubblici in un Paese che da anni lotta contro disoccupazione, crisi economiche varie e rilancio dei territori più svantaggiati.

La verità, che emerge con contorni sempre più nitidi, è una: i migranti non scappano per rifugiarsi in un porto sicuro, partono per sbarcare in Italia. E le Ong ci tengono ad assecondare questa volontà, coprendosi dietro il paravento del soccorso umanitario, interpretando il diritto internazionale e portando tutti in Italia.

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