Le minacce di morte alla Meloni e le responsabilità di Conte

Il leader M5s l'indomani dei post choc contro la Meloni: "Ferma condanna senza se e senza ma". Ma per mesi ha inforcato la bandiera del reddito e gettato benzina sul fuoco del disagio sociale

Le minacce di morte alla Meloni e le responsabilità di Conte

La presa di distanza c'è stata. Telegrafica, ma c'è stata. Qualche ora dopo che il Giornale.it aveva rivelato gli orribili messaggi postati contro Giorgia Meloni e la figlia Ginevra, Giuseppe Conte è uscito dal silenzio e ha rilasciato una breve dichiarazione di sostegno e vicinanza alla premier. "Una ferma condanna, senza se e senza ma", ha detto. "Questi gesti sono esecrabili, bisogna stare vicino alle istituzioni". Giustissimo, inappuntabile. Eppure, proprio mentre le pronuncia, scorrono davanti agli occhi dei più le piazze piene del Sud Italia incendiate dalle sue parole. Da mesi inforca la bandiera del reddito di cittadinanza per fare la guerra al centrodestra. Aveva iniziato ad agitarla in campagna elettorale minacciando "rivolte sociali". E ancora oggi, nel criticare la legge di Bilancio, continua a gettar benzina sul fuoco del disagio sociale. Una strategia che attecchisce soprattutto tra chi quel disagio lo prova sulla propria pelle e che rischia di tramutarsi da odio social a violenza vera e propria.

I Cinque Stelle non sono disposti a fare autocritica. La capogruppo al Senato, Barbara Floridia, lo ha detto subito, ancor prima che parlasse Conte. "Nessuno strumentalizzi la nostra azione politica". Lo stesso hanno fatto i vertici del movimento. Col messaggio implicito: noi, sul reddito di cittadinanza, andiamo avanti a dare battaglia. Città dopo città, piazza dopo piazza. Non si fermeranno. Dopo tutto è lì che puntano a raccogliere voti, andando in giro a raccontare che il governo affama gli ultimi, li lascia senza soldi, toglie loro persino la dignità.

Già lo scorso settembre, agli inizi della remuntada elettorale, Conte aveva accusato la Meloni di voler "la guerra civile". "Lei guadagna da oltre vent'anni 500 euro al giorno con i soldi dei cittadini - aveva detto a Rainews24 - e vuole togliere 500 euro al mese alle persone in difficoltà facendo la guerra ai poveri". Populismo puro. Che, però, ha pagato nelle urne e che, per quanto possano valere i sondaggi di questi tempi, sembra pagare ancora. E così: avanti tutta a spingere sull'acceleratore, soprattutto ora che che il reddito di cittadinanza ha una data di scadenza. Persino uno mite come Roberto Fico, nei giorni scorsi, se ne è uscito dicendo che la riforma dell'assegno grillino è "una scelta pericolosa per la tenuta sociale del Paese".

Nemmeno le minacce a Guido Crosetto hanno instillato nelle menti dei grillini il dubbio. Nemmeno leggere messaggi di questo tenore: "Attenta che ti arriva un coltello in pancia a te e tua figlia, tu togli il reddito e io uccido tua figlia sicuro", li ha convinti a fermarsi, a dirsi "abbiamo passato il segno", a fare un passo indietro.

Ancora oggi a Torino, tappa del tour per raccontare le storie dei percettori del sussidio statale, Conte ha accusato il governo di "distruggere il lavoro" e di pensare ai privilegiati anziché guardare "al vero disagio sociale delle persone". Avanti di questo passo non dobbiamo temere solo un autunno caldo, ma un'intera legislatura infuocata. Sperando che dalle minacce sui social non si passi alle violenze fisiche.

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