Non c'è spazio in università per l'ideologia della Di Cesare

Chi rimpiange la Balzerani e le sue idee non dovrebbe avere nelle sue mani la formazione dei nostri studenti. È ora di dire basta alle palestre di indottrinamento rosso

Non c'è spazio in università per l'ideologia della Di Cesare
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Non facciamoci illusioni. Dalle università, dai licei e dalla gran parte delle aule dove si formano i nostri figli, i cattivi maestri non sono mai spariti. Forse sono numericamente meno di quando durante i sanguinari anni di Piombo, inneggiavano al comunismo dalla cattedra, ma sono altrettanto pericolosi. Donatella Di Cesare, docente di filosofia teoretica all'università "La Sapienza" di Roma, è una di questi. Dopo mesi a cannoneggiare contro Nato e Ucraina in tv, il colpo più violento l’ha affondato nel ricordo di Barbara Balzerani.

La terrorista rossa, che con le Br rapì Aldo Moro e rivendicò l’omicidio di Lando Conti, non si è mai pentita per i crimini commessi. E a leggere la Di Cesare sembra che anche in lei non ci sia spazio alcuno di condanna. "La tua rivoluzione è stata anche la mia – ha scritto su X – le vie diverse non cancellano le idee, con malinconia un addio alla compagna Luna". Il post è stato online poco, poi la Di Cesare lo ha cancellato. Forse un ravvedimento o, più semplicemente, la presa di coscienza di aver esagerato, di aver varcato la linea rossa che non andava superata. Nessuno l’ha difesa. Nemmeno a sinistra, dove sono tutti sempre piuttosto docili con i "cattivi maestri", hanno avuto il coraggio di prendere le sue parti e, come è giusto che fosse, l’hanno di fatto scaricata. Ma quel post non può cadere nel dimenticatoio e l’ateneo romano dovrebbe porsi la domanda: la Di Cesare può ancora formare i nostri studenti e plasmare parte del futuro del nostro Paese?

Per il momento la rettrice Antonella Polimeni si è limitata a esprimere "sconcerto" e, a nome di tutta la comunità accademica, a ricordare "l'altissimo tributo di sangue pagato dalla Sapienza nella stagione del terrorismo". Ma in molti, in parlamento, hanno sollevato il problema. Fratelli d’Italia e Lega sono stati tranchant: chi elogia un terrorista non può stare in cattedra. Anche nel Partito democratico c’è chi pensa che una docente così, che lavora "nell'ateneo dove le Br trucidarono Vittorio Bachelet", abbia "ben poco da insegnare".

Arrivati a questo punto le scuse, anche qualora dovessero mai arrivare, non sarebbero più sufficienti. Nelle università, come in tutte le classi di ogni ordine e grado, non dovrebbe esserci più spazio per un’ideologia violenta e per quei "cattivi maestri" che la predicano.

L'auspicio è che la scuola diventi, prima o poi, un luogo imparziale di conoscenza e non più una palestra di militanza politica e indottrinamento rosso. Perché questo avvenga, però, è necessario che certe nostalgie e certi professori non abbiano più cattedra.

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