GenovaUn boato lungo e cupo come quello di un tuono in un temporale che si avvicina all'improvviso. La notte di Genova, quella tra martedì e mercoledì, è iniziata e dal porto la città ha appena sentito riecheggiare quel boato che non è stato seguito da nessun lampo, da nessun acquazzone. Quel boato non sapeva di pioggia, era la poppa della Jolly Nero, nave portacontainer della compagnia Ignazio Messina, che si era appena andata a schiantare contro la torre piloti della Guardia Costiera su molo Giano. La nave era diretta a Napoli e stava lasciando lo scalo genovese guidata da due pilotine. Ha sbagliato manovra centrando la «palazzina piloti» dove operano e vivono molti degli addetti della Capitaneria del Porto di Genova. Come abbia fatto la Jolly Nero a naufragare stanno cercando di capirlo i magistrati genovesi: sono state avanzate diverse ipotesi, quella maggiormente presa in considerazione dai tecnici è che i motori della nave si siano bloccati rendendola ingovernabile. Dalla ricostruzione dei colloqui radio il pilota urla al comandante del rimorchiatore: «Non ho la macchina» per dire che non entrava la marcia avanti. L'urto violentissimo ha fatto inclinare di 45 gradi la torre (alta 54 metri) che si è abbattuta sulla palazzina distruggendola completamente. Sette persone sono morte, quattro ferite, di cui due in maniera grave e due dispersi. Le vittime stavano cercando una via di fuga e sono state colte dall'impatto quando si trovavano sulle scale o in ascensore.
La Procura di Genova ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo plurimo indagando il comandante della nave Roberto Paoloni, genovese di 63 anni, e il pilota del porto Antonio Anfossi, genovese di 50 anni, che si trovava a bordo della portacontainer per la manovra. «Stiamo valutando anche la sussistenza del reato di attentato alla sicurezza dei trasporti previsto dal codice della navigazione - ha dichiarato il procuratore capo di Genova Michele Di Lecce che ha fatto acquisire il vdr del cargo, l'equivalente della scatola nera degli aerei -. Non escludiamo che alla luce delle indagini ci siano anche altri soggetti coinvolti». Il comandante della Jolly Nero, interrogato in Procura, non ha risposto alle domande avvalendosi della facoltà di non rispondere.
Molto complicate le operazioni di soccorso iniziate immediatamente, qualche minuto dopo il crollo della palazzina e della torre. A confermarlo diverse testimonianze di chi era al lavoro, lunedì sera, in quella zona del porto di Genova come Roberto Gestini, 40 anni vigilante dell'Autorità portuale al check point di Molo Giano: «Ho sentito dei ragazzi mettersi a urlare Hanno buttato giù la torre. Sono uscito dal gabbiotto e ho visto che al posto della torre c'era la poppa della nave. I soccorsi sono arrivati immediatamente. C'erano lampeggianti di ambulanze, vigili del fuoco, forze dell'ordine». I pompieri hanno lavorato per tutta la notte e per buona parte della giornata di ieri cercando di recuperare i dispersi ma con una difficoltà incredibile visto che, essendosi la torre abbattuta in mare, le ricerche non si sono concentrate solo sulla banchina ma soprattutto in acqua. I sommozzatori, insieme agli uomini della Sar della Guardia Costiera hanno operato in condizioni estreme per mancanza di luce e per l'acqua resa torbida dai detriti.
Ieri mattina alla Capitaneria di Porto è arrivato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi che ha incontrato i familiari delle vittime, mentre a sera in città si è visto il presidente del Consiglio Enrico Letta che, prima di andare sul luogo dell'incidente, ha visitato i feriti ricoverati negli ospedali Villa Scassi e Galliera.
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