Non facciamo i distratti di fronte alla Storia

La crisi ci impedisce di capire che la giornata di oggi sarà ricordata nei libri di scuola. A differenza di tanti sedicenti protagonisti politici

La Storia si poserà come uno sparviero oggi sul Parlamento e sul nostro Paese. Fisserà col fermo immagine la scena e la porterà via con sé, insieme al protagonista. Una minaccia a lungo aleggiante sui cieli della politica, della giustizia e del nostro Paese, oggi planerà in aula e diventerà realtà. Un'epoca, un ciclo, una saga si concluderà dopo un prolisso, feroce, grottesco preambolo. Resterà negli annali questo mercoledì 27 novembre come il giorno in cui si chiuse in senso carcerario un'epoca: per la prima volta nella storia della nostra Repubblica un leader politico e un ex premier assai popolare sarà dichiarato decaduto e finirà in carcere o succedanei più o meno pietosi.

La Storia oggi si posa sulle spalle d'Italia, ma il Paese non se ne accorge, è distratto, e non felicemente distratto ma angosciato da una brutta crisi senza sbocchi. Un Paese estenuato, stanco di questo interminabile teatro, una commedia che vira al noir e forse al dramma, dopo lunghi e tempestosi preliminari. Vent'anni fa il popolo italiano vedeva finire una Repubblica, decadere un ceto politico, ma nutriva qualche fiducia che saremmo passati da una storia all'altra, ci sarebbe stato un futuro. Stavolta no, non intravede forze nuove e protagonisti futuri, nemmeno tra i magistrati, come invece accadde al tempo di Mani Pulite. Finisce l'esame di storia, ci resta solo quello di economia. La Storia ci passa sopra e accanto; e noi, spompati e sfiduciati, voltiamo la testa altrove. A casa ci aspettano le partite, la cena e la Iuc, ossia feste, farina e forca.

Forse neanche lui, Silvio Berlusconi, è del tutto consapevole della portata storica di questa giornata, è ancora troppo preso nella guerra, combatte, si difende, si appella, reagisce, si agita. È ancora troppo nella parte per riuscire a osservare la scena fuori dall'affanno del momento. Dal canto suo il Parlamento esegue con sordido fatalismo un percorso coatto, lo espleta come una pratica d'ufficio, doverosa e grigia, perché così è scritto nei cieli delle procure. Qualunque sia il giudizio su Berlusconi - giudizio politico, storico e umano - un fatto è certo: lui, che è l'unico a uscire di scena questa sera, sarà pure l'unico a restare tra i presenti nella Storia. Dico Storia a prescindere se sia poi considerata gloriosa o infame, tragedia o farsa, evento politico o giudiziario. Ma Storia.

Agli altri, alleati e nemici, sostenitori, mediatori e antagonisti, si addice l'oblio. Poco o nulla resterà di tutti gli altri, dal Capo dello Stato al Capo del governo, ai capi dei partiti e ai magistrati. Si ricorderà a stento qual era il governo in carica quando decadeva Berlusconi. L'unico sopravvissuto di questa fase infelice della storia politica e civile italiana sarà proprio l'unico condannato a uscirne, per decreto giudiziario. L'unico personaggio storico che reggeva il passo controverso della Storia è morto in maggio e si chiamava Andreotti.

Continuo a credere che non sarà l'ultimo atto del ventennio berlusconiano. Continuo a pensare che non finirà così, in modo indolore. Da tempo ho il presentimento che non sarà un happy end, ma qualcosa di tragico accompagnerà la conclusione di un'epoca pur così sfacciatamente votata all'ottimismo. Non credo alle guerre civili, ma non penso che finirà come una soap opera coi titoli di coda e la sigla di chiusura.

Se ci fosse qualcuno all'altezza della Storia, avrebbe la forza, il carisma, il coraggio e l'inventiva di cambiare il finale. Qualcuno capace di capovolgere il fatalismo e rimettere in moto l'Italia e la sua Storia. Ma, interrogato, il morto non rispose. Cosa davvero non perdonano a Berlusconi a tal punto da rendere necessaria, ineluttabile, la sua decadenza? Cos'è che un Parlamento, abituato da due Repubbliche a ogni abuso, corruzione ed estremismo, non sopporta di lui, a parte le convenienze politiche? Pensate davvero che un Parlamento malfamato in modo proverbiale, perfino agli occhi dei Simpson, sia spaventato per le accuse di corruzione, concussione e collusione o sia indignato per i giri sexy, i deputati di ventura e le cattive compagnie? Ma no, questo ceto politico ha storie alle spalle piene di queste cose, per non dire di altre ben più gravi: dalla svendita del nostro Paese all'asservimento a potenze straniere, anche avverse, dall'incapacità di governare alle tangenti, al voto di scambio, agli intrecci con la malavita e con l'estremismo... Figuratevi se con quel curriculum la politica si può spaventare del carnet di accuse a Berlusconi.

In realtà quel che la partitocrazia non sopporta di Berlusconi è il suo presentarsi sin dalle origini come il Corpo Estraneo, quello che non viene dalla politica, anzi la schifa, salvo restarne irretito e votato. E pure i grillini si accodano e si riducono a truppe cammellate della stessa partitocrazia che avversano. Proviamo a metterci nei panni dei suoi avversari. Se tra loro ci fosse un leader lungimirante inchioderebbe Berlusconi a una sua frase: sono costretto alla politica, preferirei occuparmi del Milan. Gli direbbe: se fai politica solo per difenderti noi ti solleviamo dall'obbligo e ti tuteliamo noi, a patto che tu poi sia conseguente, lasci la così disprezzata politica e ti dedichi al Milan.

E poi direbbe agli italiani: eccolo, Berlusconi salvato dalla politica che detesta e rimandato come egli desidera negli spogliatoi... In quel modo, sì, lo neutralizzerebbero e ne uscirebbero alla grande. Non lo faranno. Sono nani, scartine e quaquaraquà. Alla Storia, nel bene e nel male, passerà solo lui, l'Imputato.

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