"Dannosa per le donne". Gruber si scaglia contro Meloni

La conduttrice torna a sganciare bordate contro il presidente del Consiglio: "Femmina ma non femminista, mina i diritti: così avercela fatta è inutile per le altre"

"Dannosa per le donne". Gruber si scaglia contro Meloni
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Altra intervista, altro attacco frontale. Dopo un periodo di breve pausa, anche Lilli Gruber decide di tornare a scagliarsi contro la figura politica che - secondo le convinzioni della sinistra - rappresenta la principale causa dei diversi mali dell'Italia: Giorgia Meloni. Poco conta ricorrere all'onestà intellettuale e ammettere che i recenti governi rossi hanno fatto ben poco per i temi su cui ora alzano i toni: l'importante è recitare sempre lo stesso copione accusando il presidente del Consiglio di non tollerare il dissenso e di non rappresentare un vero modello di riferimento per le donne.

Un compito da cui ovviamente non si è esentata la conduttrice di Otto e mezzo che, nell'intervista rilasciata a La Stampa, dal suo arsenale retorico ha sfoderato una serie di sferzate nei confronti di Meloni. Una bordata è arrivata sulla scia del ricordo di ciò che era accaduto a novembre 2023, quando il capo dell'esecutivo aveva replicato per le rime dopo che la destra era stata accusata di non contrastare molto la cultura patriarcale in Italia. Un botta e risposta di fuoco che evidentemente non è stato ancora digerito da Gruber che, incalzata sul tema, ha rincarato la dose: "Alla nostra premier la stampa libera e critica proprio non piace".

Che messaggio intende far passare la conduttrice con questa uscita? Per caso vuole spingersi fino a sostenere che Meloni detesti la "stampa libera" e abbia invece a cuore una stampa controllata? E controllata da chi? Parole, quelle di Gruber, che ovviamente saranno fonte di gioia per tutti gli alfieri di sinistra che parlano di TeleMeloni, di servizio pubblico controllato dal centrodestra, del monopolio dell'informazione. In realtà il punto è un altro: se da una parte la libertà di parola è il pilastro della democrazia, dall'altro un presidente del Consiglio ha il sacrosanto diritto di replicare alle accuse sul suo conto. Soprattutto di fronte a teorie strampalate.

Non poteva ovviamente finire così. Un'altra stoccata al veleno si inserisce in un paradosso tutto del fronte rosso: per anni abbiamo assistito a monologhi e isterie sulle quote rosa, ma ora che c'è la prima donna a Palazzo Chigi di colpo sono iniziati i distinguo. E quindi, tutto sommato, non è poi così tanto importante che ci sia una figura femminile alla guida del nostro Paese. Un'ipocrisia che ovviamente ha trovato spazio perché la donna in questo caso è di centrodestra.

Meloni prima di diventare presidente del Consiglio è stata protagonista di una faticosa scalata in cui è riuscita a sgomitare e a farsi spazio in un mondo composto da quasi soli uomini. Da militante a capo del governo grazie a una gavetta tutt'altro che facile.

Gruber ha riconosciuto che Giorgia "ha fatto una carriera importante" dimostrando "abilità e perseveranza", ma ecco che puntuale è arrivato il monito: "Ma se arrivi al potere e poi quel potere lo usi per minare i diritti delle altre; se il tuo essere madre lo declini solo in retorica della maternità mentre aumenti l'Iva sui pannolini; se sei insomma femmina ma non femminista, allora avercela fatta è utile per te, ma inutile per le altre e persino dannoso". Niente di nuovo tra poco femminismo e intolleranza alla stampa libera: contro Meloni viene cantato il solito ritornello stonato.

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