“Non ti candidare, danneggi il Pd”. Pure i dem si ribellano alla Schlein

La deputata dem Paola De Micheli boccia la candidatura di Schlein in vista delle elezioni europee: "Un errore, ci sarebbero conseguenze per le candidature femminili". E Prodi incalza la segretaria: "Finte candidature sviliscono il voto"

“Non ti candidare, danneggi il Pd”. Pure i dem si ribellano alla Schlein
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Dalle parti del Nazareno il caos è pressoché totale. La segretaria del Pd Elly Schlein, alla prova dell’Aula, raccoglie una figuraccia dopo l’altra. Prima la clamorosa divisione sull’invio delle armi a Kiev poi la rivolta dei sindaci rossi che, al contrario dei nuovi vertici dem, vogliono abolire l’abuso d’ufficio. Ora, in vista delle prossime elezioni europee, la paladina democratica è costretta a difendersi dal suo stesso partito. La deputata dem Paola De Micheli, con una lettera inviata a L’Unità, lancia un appello alla segretaria: “Non ti candidare – spiega – danneggi il partito”.

E se il buongiorno si vede dal mattino, per Schlein e soci sarà un periodo colmo di problemi e insidie. Le parole al miele del partito che come da tradizione dovrebbero arrivare nei confronti della leader che intende candidarsi, si trasformano così in un attacco al veleno a tutti gli effetti. Il “mondo al contrario” del Partito democratico può generare anche questo: prima l’esaltazione di della nuova leader e poi, a sei mesi dalle elezioni che rivoluzioneranno il Parlamento europeo, l’appello alla stessa segreteria di non candidarsi. “Penso che la candidatura di Elly Schlein alle prossime elezioni europee – esordisce De Micheli – senza mantenere il proprio seggio a Bruxelles, sarebbe un errore. Una tesi confermata anche dal padre nobile di questa sinistra, Romano Prodi: "Candidarsi dove tu sai che non andrai - spiega - svilisce la democrazia. La destra lo può fare, ma non un partito riformista e democratico". E ancora, ospite durante la trasmissione Piazza Pulita su La7, il fondatore dell’Ulivo sostiene che la squadra dem per Bruxelles debba essere formata sia da "capilista che il Pd può prendere dalla società" sia da "giovani che imparano".

Gli elettori italiani, giova ricordarlo, sono consapevoli di questo meccanismo. La sfida elettorale che dovrebbe intraprendere Schlein, da leader o presunta leader dell’opposizione, ha un significato molto più nobile. Richiamarsi al giudizio degli elettori, infatti, sarebbe una prova di maturità politica per la leader democratica ma, ancora più importante, potrebbe essere il primo vero banco di prova per dimostrare lo stato di salute della sua leadership. E infatti, come sottolinea De Micheli, i problemi sono più profondi: “Il Pd – scrive la deputata – non è una forza leaderista ma un partito plurale, che si fida della sua segretaria senza che questo implichi un nostro assoggettamento alla personalizzazione”. Che nel merito si traduce così: “Ci sarebbero conseguenze – sottolinea la De Micheli – per le candidature femminili e se puntiamo ad essere un partito femminista, allora le donne vanno adeguatamente valorizzate anche nelle liste. Il femminismo si pratica, non si predica e basta”.

“Aggiungo - conclude la deputata dem – che la sua candidatura significherebbe una campagna elettorale quasi solitaria quando invece tutti noi dovremo fare il massimo per uscire vincitori da questa sfida”.

Messe da parte tutte le condizioni, sia logiche che politiche, che favorirebbero una candidatura di Schlein, la deputata democratica pone l’accento sull’inopportunità di questa scelta. Ora la palla passa definitivamente alla segretaria del Pd che, a meno di ulteriori capovolgimenti di fronte, dovrà difendersi in primis dal fuoco amico del suo stesso partito.

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