«Così come nessuno può addebitare a un procuratore della Repubblica un intento persecutorio se invia a un indagato un avviso di garanzia, nessuno può permettersi di imputare al ministro un'interferenza invasiva quando esercita le sue prerogative per verificare la conformità dei comportamenti dei magistrati ai doveri di diligenza». Così ieri, davanti alla Camera, Carlo Nordio si difende e contrattacca dopo il diluvio di critiche abbattutesi su di lui per l'ultimo sviluppo del «caso Uss»: la sua decisione di avviare un procedimento disciplinare contro i tre magistrati della Corte d'appello di Milano che diedero gli arresti domiciliari a Artem Uss, il russo accusato di traffico di tecnologia militare che grazie a quel provvedimento il 22 marzo è svanito nel nulla. Per la sua iniziativa, il ministro della Giustizia è stato accusato di violare l'indipendenza della magistratura. Ma nel suo lungo, puntiglioso intervento a Montecitorio Nordio rivendica di essere dovuto intervenire davanti a quella che appare ai suoi occhi come una macroscopica leggerezza dei giudici milanesi: avere fatto uscire dal carcere Uss, nonostante la dura opposizione della Procura generale, con una motivazione di appena cinque righe. «Cito testualmente: perchè l'estradando dispone di una abitazione e la moglie ha dato la disponibilità ad accogliere il predetto in regime di arresti domiciliari". Con questa sola motivazione gli viene concesso di lasciare il carcere nonostante l'autorità giudiziaria fosse addirittura inondata di osservazioni sulla pericolosità del soggetto». Nordio ricostruisce minuziosamente, in un paio di passaggi pasticcia un po' con le date, ma il concetto è chiaro: quando affrontarono la richiesta di domiciliari avanzata da Uss, i tre giudici della Corte d'appello avevano a disposizione tutti gli elementi per valutare spessore criminale del russo e rischio di fuga: a partire dal parere contrario «motivatissimo, articolatissimo, documentatissimo» espresso dalla Procura generale di Milano il 9 novembre, che dava conto anche dei dispacci allarmanti arrivati dal Dipartimento della Giustizia americano e già nelle mani della Corte d'appello. Il documento successivo arrivato dall'America, e che magistrati e opposizioni rinfacciano a Nordio di avere trasmesso in ritardo a Milano, «non cambiava assolutamente nulla», «ribadiva pedissequamente ciò che era già noto». All'accusa di essere rimasto fermo, Nordio replica sottolineando che dal momento del fermo di Uss a Malpensa, mentre cercava di imbarcarsi per Istanbul, a essere competente sulla sua sorte e a decidere è stata sempre e solo la magistratura, «sulla base del sacrosanto principio di separazione dei poteri». E a chi - come i vertici della Corte d'appello di Milano e numerosi giuristi - sostiene che il ministero avrebbe potuto ricorrere in Cassazione Nordio rifila parole pesanti: «dilettanteschi commenti», «sgrammaticatura giuridica», «ingiustificabili vuoti di comprensione tecnica del diritto». Secondo il codice di procedura penale, dice Nordio, solo la Procura generale poteva ricorrere contro i domiciliari. Non lui. Sulla sorte dei tre magistrati milanesi Nordio lascia la palla alla Procura generale della Cassazione. Per Nordio la pratica si chiude così, per ora. Non per le opposizioni, che ieri lo contestano. A partire da Debora Serracchiani, che parla a nome del Pd, e facendo anche lei un po' di confusione tra vizio di legge e ricorso nel merito accusa il ministro di avere metto sotto impeachment solo i giudici della Corte d'appello e non il procuratore generale Francesca Nanni che non impugnò la scarcerazione di Uss: «Perchè i giudici sì e lei no?».
Quanto a Uss, ieri dalla Russia è rimbalzata la notizia che suo padre, Aleksandr ha annunciato le sue dimissioni da governatore della regione di Krasnoyarsk. L'uomo ha detto di aver incontrato Putin e di aver ricevuto un'offerta per «lavorare a livello federale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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