«Mi rinnegano. Ecco cosa fanno. Prima sorrisi, strette di mano, scambi di favori e adesso mi voltano le spalle come un appestato». Parla. Anzi, urla tutta la sua amarezza Francesco Furchì, l'uomo accusato di aver sparato nel marzo del 2011 al consigliere comunale dell'Udc Alberto Musy. Da tre giorni è chiuso nel carcere del Vallette e ieri ha incontrato per la prima volta il suo nuovo legale, Giancarlo Pittelli, e con lui si è sfogato. In cella, da solo, Furchì ha avuto moto di leggere con attenzione i giornali, scoprendo quello che gli altri dicono di lui. Gli altri sarebbero i falsi amici, politici, conoscenti, cattedratici con cui si confrontava tutti i giorni e che adesso lo rinnegano. «Queste accuse sono ridicole. E presto dovranno chiedermi scusa». Ma chi dovrà chiedergli scusa? I magistrati? O quei personaggi dei «salotti torinesi» o della politica perbenista che ora prendono le distanze. A cominciare dal leader dell'Udc Pierferdinando Casini che ieri ha voluto sottolineare, dando mandato ai suoi legali di citare in giudizio Il Giornale, che Furchì non era un candidato dell'Udc, dimenticando però che la lista nella quale correva il presunto killer «Alleanza per la città» era al fianco del Terzo Polo nelle amministrativa del 2010. E che proprio in virtù di quell'appoggio politico Furchì si aspettasse di ricevere in cambio qualche carica comunale. «Dicono che ero una persona inaffidabile, ma facevo comodo».
Nessun riferimento al professore Giuseppe Monateri, coinvolto lui stesso nella vicenda e accusato dal pm Furlan di «scarso senso civico» visto che «potrebbe aver intuito fin dal momento dell'attentato che Furchì era il sospettato principale». Il professore, all'indomani dell'arresto di Furchì ha fatto sapere che «si vergogna», ma per l'amico che ha presentato a Musy non ha speso una parola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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