Un ostaggio ricattato e deriso: "Lo abbiamo fatto piangere e se sgarra lo distruggiamo"

Ecco le intercettazioni dell'inchiesta che ha portato all'arresto dell'assessore alla Casa: "Mentre leggeva il pizzino degli amici, si è messo a piangere"

Milano - Quando va bene- e va bene po­che volte - lo chiamano «Mimmo». Al­trimenti è il «bastardo», il «cornuto», il «pisciaturu», che nella lingua elemen­tare­e violenta della ’ndrangheta è l’uo­mo che conta meno di zero. E Domeni­co Zambetti è il «pisciaturu» di turno. Lui, che è sceso a patti con la malavita, è prima lisciato e messo al potere. Poi con le spalle al muro. Inseguito, spre­muto, minacciato, tenuto in scacco. Un ostaggio. Pressato al telefono per soddisfare le richieste dei capibastone, giorno dopo giorno. I soldi in cambio dei voti garantiti alle elezioni. Le pro­messe per gli appalti futuri e le delibere ad hoc che può assicurare. Ma anche fa­vori, continui favori. Un lavoro al­l’azienda di edilizia popolare per la fi­glia del malavitoso, una casa per l’amante, un negozio da parrucchiera per la moglie dell’affiliato.«Tanto lo te­niamo in pugno », e «quando lo vedo gli dico “vieni qui, pisciaturu”», e «gli fac­ciamo un culo così », che se sgarri «ti di­struggo » o «ti faccio saltare», finché non lo inchiodano con un «pizzino» e una fotoin cui ne immortalano la stret­ta di mano col boss Giuseppe D’Agosti­no, e allora Mimmo «si è messo a pian­gere, e piangeva per la miseria, si è caga­to sotto, cagato completo».Ricatto e de­risione. È il fondo più buio della politi­ca. È un prigioniero, Zambetti. Un pri­gioniero umiliato.
IL NASTRO

Eugenio Costantino (arrestato ieri) è in macchina con la moglie. Una cimice li ascolta. È il 23 settembre 2011. Co­stantino spiega alla donna che di lì a breve incontrerà Zambetti. «Gli dico: Mimmo, abbiamo lavorato per te, tutti i calabresi hanno lavorato per te». An­cora, «Mi sono operato per fare sì che fossi eletto. Ho cassette, registrazioni». Dalle carte, infatti, emerge anche l’in­tenzione di registrare gli incontri con l’assessore. Il motivo lo spiega il boss. «Dato che il registratorino tuo funzio­na bene - continua Costantino rivolto alla moglie - procurami una cassettina pulita, che quando vado da Zambetti me lo devo portare nella tasca, e stavol­ta
quando vado là proprio lo voglio compromettere».Un nastro in cui«par­liamo di soldi e accordi, Dio ne liberi!».
IL PIZZINO

Ma in tema di ricatti, c’è un episodio ancora più sconcertante. Ne parlano in macchina Costantino e Ciro Simonte (finito in manette), il 18 marzo 2011. Zambetti, secondo i pm, è in ritardo con i pagamenti per i voti ottenuti gra­zie alla lobby calabrese. D’Agostino avrebbe fatto arrivare all’assessore una lettera - un «pizzino», come viene chiamato dai due- in cui era contenuta l’esatta ricostruzione della genesi dei rapporti tra il politico e le cosche, la na­tura degli accordi, il patto di scambio (voti per soldi) e le ritorsioni di cui Zam­betti sarebbe stato vittima se non aves­se­saldato i conti con le famiglie della ’n­drangheta. «Hai visto quel pisciaturu di Zambetti come ha pagato eh, lo face­vamo saltare in aria ... Gli hanno man­dato una lettera tramite me, che quan­do l’ha letta figlio mio, le orecchie si so­no “ incriccate”così...Si è messo a pian­gere davanti a me... e piangeva, per la miseria. Si è cagato sotto, cagato com­pleto ». Poi, un saggio dell’etica mafio­sa. Perché «con l’aiutodegli amici ogni tanto qualche soddisfazione ce la pren­diamo. Lui lo sai quante persone fa piangere? E ogni tanto piangono an­che loro, non c’è altra alternativa che
farli piangere... ecco perché sarò sem­pre dalla parte della delinquenza».
LA FOTO

Non bastassero nastri e pizzini, c’è anche una foto. È quella scattata a Ma­genta, comune dell’hinterland milane­se, in cui Zambetti è ritratto assieme a Giuseppe D’Agostino, considerato uno dei principali rappresentanti della ’ndrangheta al Nord. Il racconto è in un’intercettazione ambientale del 13 maggio 2011. Ne parlano Costantino e Alessandro Gugliotta (arrestato).«Allo­ra- dice Costantino- noi avevamo fatto una cosa per “incastrarlo”... a Zambet­ti... quando abbiamo fatto la festa a Ma­ge­nta noi a Zambetti l’abbiamo fotogra­fato con Pino (D’Agostino,
ndr ) giusto per avere una prova,e io ce l’ho».Come a dire che non si sa mai. Se Zambetti avesse voluto rompere il patto crimina­le con le cosche, le cosche avrebbero avuto argomenti più che persuasivi per riportarlo all’ovile.
LA CORSA A RACIMOLARE

Zambetti ha un conto in sospeso con la ’ndrangheta. Deve ancora versare una tranche dei 200mila euro che se­condo la Procura le cosche gli hanno chiesto per garantirgli l’elezione in Re­gione. Per più giorni, Costantino e D’Agostino cercano di incontrare l’as­sessore. Il quale rimanda, temporeg­gia, accampa scuse. «È un periodo così - cerca di spiegare Zambetti- non è che non... non so cosa dire, dai». Poi - il 31 gennaio 2011 - Costantino arriva nella sede milanese di «Centro e Libertà», l’associazione culturale dell’assesso­re. La sera, D’Agostino lo chiama. C’è un problema. Mancano dei soldi. E lui è molto arrabbiato. «Mancano quattro documenti (secondo i pm, si tratta di soldi), lo chiami e glielo dici, che caz­zo! ». E Costantino chiama. «Sentiamo­ci settimana prossima - prova a trac­cheggiare Zambetti - poi ci mettiamo d’accordo».

GELOSIE MAFIOSE

Gugliotta e Costantino scoprono che Zambetti avrebbe favorito nell’as­segnazione di appalti e lavori pubblici una persona che fa affari nella zona di Rho (comune del Milanese), senza che quest’ultimo abbia in nessun modo contribuito alla raccolta di voti per l’as­sessore. «Gli facciamo un culo così ­sbotta Costantino - io adesso glielo di­co, gli dico “Mimmo scusa, guarda Mimmo”,chea me m’hanno dettoche tu... io gli dò del tu... stai dando lavoro a delle persone... allora gli facciamo un culo così... guarda, a Zambetti ce l’ab­biamo in pugno ». I lavori, in altre paro­le, sono un’esclusiva della cosca. An­che se Zambetti è «solo» assessore alla Casa. Perciò «me ne fotto che non è co­struzioni - insiste Costantino - , a noi può darci di tutto, di facchinaggio, di manutenzione, costruzioni... noi ab­biamo le ditte dove rivolgerci, e ci pren­diamo la nostra parte».
EXPO

E ovviamente, la «nostra parte» inclu­de anche Expo 2015, una torta gigante­sca su cui da tempo le organizzazioni criminali hanno messo gli occhi. Anco­ra una volta, ne discutono Costantino e Gugliotta. «Però adesso ti faccio un esempio... Se mo’ Zambetti ci dà un la­voro, o noi gli diciamo: “Mimmo,guar­da che c’è quel lavoro, guarda che ce lo devi far dare, adesso sai che c’è l’Expo, lui ci può aiutare, e lì guadagniamo tut­ti noi... lui me l’ha detto chiaro...lui farà di tutto per farcelo avere». Pochi giorni
dopo (è il 18 maggio 2011)torna l’argo­mento Expo. «Soldi, miliardi, c’è da fa­re il mondo!».
GLI «SPICCIOLI» ELETTORALI

È il 15 marzo 2011. In auto, Costanti­no e Simonte fanno due conti sui costi della campagna elettorale «parallela» di Zambetti. Quella, cioè, fatta dalle co­sche. E lo chiamano «Zambettino», en­nesimo sberleffo al politico ormai ridot­to a marionetta. Una microspia li ascol­ta. «Zambettino... Zambetti... all’inizio ha giocato un po’,si è fatto un po’ i cazzi suoi... noi siamo quelli che hanno fatto di più... a lui gli sarà costata... togli que­sti 30mila (30mila euro che l’assessore avrebbe dato ai due,
ndr ) gli sarà costa­ta 200mila euro... Ciro, ma hai capito che gli hai dato 3mila voti, 3mila e 500 voti? Nel mio piccolo, sinceramente, li meritavo io 100mila euro, ma tu hai ca­pito che nel Magentino gli ho fatto ave­re 700-800 voti? Ma stiamo scherzan­do? Sono spiccioli questi, grazie a que­sti spiccioli è stato eletto, no? Altrimen­ti chi cazzo lo eleggeva, sai quanto pren­deva lui? 6-7mila voti». A Milano, inve­ce, ai voti ci pensava Ambrogio Crespi, fratello del sondaggista, che ne avreb­be garantiti 2mila e 500. Un tipo strano, Crespi. Anche per Costantino, che si stupisce. «L’altra sera Alessandro Gu­gliotta mi dice: vieni in viale Certosa che voglio farti conoscere Ambrogio... C’è pure Vallanzasca». Sì, quel Vallan­zasca, che ha detto «io non voglio rom­pere i coglioni a nessuno, voglio fare la mia vita, ma se mi rompono il c... li am­mazzo tutti ».
QUESTIONE DI MILITANZA

Il 13 giugno 2011, Costantino sta par­lando con una sua amica, tale Franca. Le spiega che è da tempo che «segue» la politica per conto di Zambetti. «Io per l’assessore ho fatto la campagna eletto­rale per le provinciali (2009,
ndr ), per quelle del Comune di Milano (2011,
ndr ),
perché dove ci sono mi chiamano ormai, perché ormai più che organizza­re cene non si fa, non voglio esagerare, ho organizzato forse duecento cene fi­no ad adesso... Oh,l’assessore gli abbia­mo fatto noi la campagna elettorale, hanno speso più di quattro milioni di euro, mamma mia, quattro milioni! ... Mi sono scelto i locali più belli di Mila­no degli amici miei, no? Abbiamo orga­nizzato macchine, caravan, furgoni, co­se a tappeto, di tutto di più».
SE TELEFONANDO

C’è un problema? Si chiama l’asses­sore. Un’urgenza? Zambetti. «Io ades­so- dice Costantino- prendo il telefono e chiamo all’assessore e gli dico “Mim­mo devo venire da te”, ma tu vedi che se
anche sta mangiando lui non mi può di­re di no a me!». E se il cellulare squilla a vuoto? Le cosche la prendono male. «Vedi che questo cornuto non rispon­de, l’ho chiamato tre volte». Non è più l’assessore. O Mimmo. È il «cornuto». Così viene organizzata una trappola. Ci pensano D’Agostino e Costantino. In occasione dell’incontro con Zambet­ti previsto per il 15 marzo del 2011, Co­stantino passera il proprio ricevitore al politico senza dirgli chi lo attende dal­l’altro capo della linea. «Gli dico solo che ti vuole salutare una persona». «Al­le sette un quarto precise ti chiamo- di­ce D’Agostino - e gli dico quello che gli devo dire, ok?».
TUTTI BENE IN FAMIGLIA?

Nella miriade di intercettazioni tele­foniche e ambientali contenute nell’or­dine di cattura eseguito ieri, sono po­che in realtà quelle in cui compare di­rettamente Zambetti. Il più delle volte l’assessore chiude rapidamente le con­versazioni, resta vago, cerca di rassicu­rare gli interlocutori e al tempo stesso di posticipare gli impegni presi con i boss. Il 14 marzo 2011, però, Zambetti viene contattato direttamente da D’Agostino. Il quale - sottolineano gli inquirenti - «usa toni decisi nei quali è possibile scorgere una sottintesa quan­to
velata minaccia». «Mi permetto solo di ricordarle la faccenda della figlia del nostro amico (il riferimento di D’Ago­stino è al posto di lavoro promesso alla figlia di Costantino negli uffici del­l’Aler, ndr ) ». «Ok, tranquillo, lo farò», ri­sponde Zambetti con un tono di voce «chiaramente spaventato e rassegna­to ». «Tante cose buone a lei- sottolinea alla fine D’Agostino - e alla famiglia». Il riferimento alla famiglia, nel lessico mafioso, è un’intimidazione.
CASA, UFFICIO E PARRUCCHIERE

È forse il capitolo più grottesco della vicenda. Perché a Zambetti non vengo­no chiesti solo soldi e appalti, ma an­che una serie di favori di basso cabotag­gio. Se possibile, ancor più degradanti. Così con l’assessore le cosche si lamen­tano perché il lavoro in Aler dato a Tere­sa Costantino, figlia di Eugenio, è in una sede distaccata, tanto che la ragaz­za deve fare 40 chilometri ogni giorno per andare in ufficio. Non va bene. Ma­dice Costantino padre- «Io a settembre sono già d’accordo con Mimmo che cerca di vedere di avvicinarla». E guar­da caso, il 20 settembre Teresa chiama il papà. «Mi hanno detto che sono intel­ligente, che sono sveglia, e probabil­mente mi mettono alla direzione gene­rale ». Lui si scioglie, cuore di padre. E gongola. «Allora tu pensi che tuo padre non fa niente per te?». Ma in una casa Aler c’è da piazzare anche un’amante di Costantino («stai tranquilla amore, dobbiamo riuscire ad averla sta cavolo di casettina, no?»), e­
dulcis in fundo­a Zambetti tocca occuparsi pure di del rinnovo del contratto di locazione di un negozio da parrucchiere della sorel­la di Costantino. Il «Trico energy».

Sem­pre più in basso. Per lavori del genere, non serve un assessore. Basta un «pi­scaturu ». Un uomo che conta meno di zero. Praticamente un politico.

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