Paura nel Nord Italia: tornano i sequestri


Andrea Vignali

Spezia«Tranquilla, lo lasciamo andare». Quella voce uscita dal passamontagna è l'unica speranza a cui si aggrappa Sandra Calevo, la mamma di Andrea. È l'ultimo frammento della colonna sonora di un incubo per la donna che ha visto il proprio figlio trentunenne rapito, trascinato fuori in piena notte dalla villa di famiglia, con la canna di una pistola puntata alla testa. È il ritorno della piaga dei sequestri nel ricco Nord. «Tranquilla, lo lasciamo andare», ha detto il capo del commando, quello con l'accento slavo che ordinava il sequestro dell'imprenditore spezzino trentunenne perché nella cassaforte non avevano trovato abbastanza soldi.
L'angoscia, dopo una notte e una giornata di ricerche inutili, è tutta in una domanda: lo lasciano andare, sì, ma come? Una domanda che si fa sempre più preoccupata via via che passano le ore. I rapitori non si fanno vivi, ma intanto viene ritrovata l'Audi A3 del giovane rapito. È l'auto con la quale il terzetto si è dato alla fuga portandosi via l'ostaggio. È l'auto che si vede laggiù, nel greto del fiume Magra in piena. Ed è vuota, semisommersa e vuota. I banditi l'hanno abbandonata, buttata via. La controlleranno al microscopio i Ris. Ma Andrea Calevo era ancora dentro? L'incubo assale gli inquirenti che mandano i sommozzatori a cercare di vedere quel poco che si può vedere nelle acque torbide del fiume. Gli elicotteri sorvolano la zona, le pattuglie a terra perlustrano ogni angolo di terra al confine tra Liguria e Toscana. Dalla villa di Lerici i rapitori non dovrebbero aver fatto molta strada. L'auto è stata trovata non molto lontano dalla sede della ditta. Ci sta che i banditi abbiano anche fatto tappa nell'ufficio di Calevo, per vedere se c'erano soldi almeno lì. Le ricerche si estendono alla Lunigiana e alla provincia di Massa Carrara, nella caccia agli uomini è impegnata anche la Forestale.
Inutilmente, almeno fino a ieri sera. Fino a ventiquattro ore dopo l'assalto in villa.
E allora si ricomincia proprio da lì. Dalla cancellata che avrebbe dovuto proteggere la villa dei Calevo e che è rimasta spalancata dopo il passaggio dell'Audi. Si ricomincia dalle parole della mamma ancora sconvolta, dai suoi ricordi. La ricostruzione dell'incubo inizia verso le nove di domenica sera. Andrea Calevo rientra a casa con la sua auto. Ma appena apre la porta si trova davanti i banditi. Armati e con il passamontagna. Di là c'è la madre, legata a una sedia e ancora sotto la minaccia dei revolver nonostante abbia obbedito al boss che le ha ordinato di aprire la cassaforte. Ma nel forziere c'è poca roba: un po' di gioielli, sì e no tremila euro in contanti. Un bottino che non può accontentare il commando che rischia davvero grosso e che spera in un colpo ben più consistente.
Per questo il capo ordina il sequestro, trascina il giovane verso la porta. Butta nel giardino il suo cellulare e il cordless, per evitare che la donna possa dare l'allarme. O per lo meno, per evitare che lo dia troppo presto. La precauzione è azzeccata perché la donna riesce a liberarsi solo dopo diverso tempo, quando dell'Audi non c'è più traccia. Un sequestro a scopo di estorsione. È la pista che predilige anche la Direzione distrettuale antimafia ligure, che prende direttamente in mano le indagini e ordina l'attivazione del protocollo antisequestri, con il blocco dei beni della famiglia e la secretazione di ogni atto.

Ma non si può escludere nulla, soprattutto occorre cercare un possibile basista del posto, perché il commando era troppo ben informato per agire in un ambiente tanto particolare. Un sequestro, e quella speranza: «Poi lo liberiamo».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica