Premierato, c'è il primo sì all'abolizione dei senatori a vita: cosa cambia

Il Senato vota sì all'articolo 1 della riforma costituzionale che prevede l'abrogazione dei membri permanenti di nomina presidenziale. Approvato anche l’articolo 2 sul quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica

Premierato, c'è il primo sì all'abolizione dei senatori a vita: cosa cambia
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Il Senato della Repubblica ha approvato l'articolo 1 del disegno di legge costituzionale sulla riforma premierato elettivo, che abroga il potere del Presidente della Repubblica di nominare i senatori a vita. L'articolo è stato votato per alzata di mano, quindi non si è avuto immediatamente contezza dei numeri esatti dei parlamentari favorevoli e di quelli contrari fino alla richiesta della controprova: 94 voti favorevoli. Gli attuali membri permanenti di nomina presidenziale rimarranno comunque in carica anche a seguito dell'approvazione definitiva della revisione della Carta in questo suo passaggio del testo. L'assemblea aveva respinto tutti gli emendamenti che erano stati presentati dalle opposizioni all'articolo 1 del provvedimento del governo.

L'abolizione dei senatori a vita

Nel merito della norma, quindi, viene cassata la seguente norma: "Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque". Resta viva invece la parte relativa al conferimento della carica agli ex Capi di Stato. "È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica", è previsto infatti nel primo comma.

Con la riduzione del numero dei parlamentari italiani, approvata nel settembre 2020 anche dai cittadini nel referendum confermativo (e poi entrata in vigore con le elezioni politiche di due anni esatti successivi), attualmente i senatori eletti direttamente dal popolo sono 200. A questi, tuttavia, vanno aggiunti - per l'appunto - i componenti permanenti che siedono a Palazzo Madama nominati esclusivamente dal Presidente della Repubblica. L'attuale inquilino del Quirinale, Sergio Mattarella, ha usufruito di tale funzione in una sola circostanza, nel gennaio 2018, con la scelta della senatrice Segre. Oltre a quest'ultima, sono in carica anche Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia, tutti nominati da Giorgio Napolitano. Con l'approvazione del premierato, diventeranno di diritto senatori a vita solamente gli ex Capi di Stato.

Il quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica

In serata è stato approvato anche l’articolo 2 del disegno di legge costituzionale, quello che regola il quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica. Il testo modifica l'articolo 83 della Costituzione che disciplina l'elezione del Capo dello Stato, che ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'Assemblea. Con il nuovo testo solo dopo il sesto scrutinio (e non il terzo, come previsto oggi) è sufficiente la maggioranza assoluta. Domani mattina alle 10 riprenderà la seduta procedendo con l'esame dell'articolo 3 del testo di riforma.

La bagarre

A Palazzo Madama la seduta è stata in ogni casa piuttosto "movimentata", come del resto era già capitato la scorsa settimana dopo la bocciatura degli emendamenti proposti dall'opposizione proprio su questo tema. La seduta è stata infatti sospesa per il caos creatosi in Aula subito dopo il gesto della ministra delle Riforme Casellati nei riguardi del capogruppo di Italia Viva, Enrico Borghi, che stava intervenendo su un emendamento. Il parlamentare eletto nelle file del Partito Democratico stava criticando la ministra Casellati che, parlando dell'abrogazione dei senatori a vita, aveva utilizzato il termine "eliminare".

A quel punto Casellati ha fatto verso Borghi il gesto usato solitamente per mandare a quel paese, sussurrando anche una frase. Il senatore renziano ha subito alzato il tono della voce: "Dove devo andare? La ministra non può rivolgersi con quelle parole e con quel gesto, si vergogni, non si può permettere". Dai banchi della maggioranza si sono levate grida contro il capogruppo di Iv, con inviti a tacere: "Io ho il diritto di parlare e se non vuoi ascoltare esci, qui funziona così".

Casellati ha chiesto a sua volta di intervenire e ha preso la parola con tono concitato: "Il mio gesto si riferiva all'eliminazione - conclude -. Significava eliminare un istituto. Si vergogni lei". La seduta è poi ripresa e si è andati così al voto.

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