A passi misurati, com'è nella sua natura, Gaetano Quagliariello è salito alla ribalta diventando ministro pdl delle Riforme.
Parlamentare dal 2006, nella sua prima legislatura si era fatto notare per una riflessività che lasciava ben sperare e lì si fermò. Nella seconda (2008-2013), era già vicepresidente dei senatori Pdl e incaricato di spiegare in tv la posizione del centrodestra. Colpì la sua arte di arrampicarsi sugli specchi e lo sguardo malinconico, quasi di scusa, con cui accompagnava le contorsioni dialettiche. All'alba dell'attuale legislatura, cogliendo i frutti della semina passata, il cinquantatreenne Gaetano è esploso. In marzo, il presidente Napolitano lo ha selezionato tra i dieci «saggi» e in aprile il premier Enrico Letta lo ha fatto ministro, spalancandogli l'avvenire.
In questo arco temporale tra le fila del Pdl, Quagliariello ha avuto una sola sbandata nell'autunno dell'anno scorso quando parve sul punto di farsi accalappiare dalle sirene di Mario Monti. All'epoca, il Cav aveva le lune e con le sue incertezze metteva in forse la sopravvivenza del centrodestra. Gaetano, in eletta compagnia (Cicchitto, Sacconi, Alemanno, Lupi, Formigoni, Frattini, altri), fu tentato dal salto della quaglia. Il professore bocconiano gli appariva un porto sicuro e uno spirito gemello essendo egli stesso docente universitario, indossatore di loden, sobrio di costumi e innamorato di sé quanto l'altro. La rottura fu evitata poiché alla fine il Cav prese la guida delle truppe e i comprimari titubanti ritrovarono il coraggio perduto. Tra i due sembra non sia rimasto alcuno strascico: Berlusconi gli fa sempre il suo miglior sorriso e Gaetano ricambia con il suo mesto sguardo adoratore.
La figura esangue, accentuata dai cerchi sofferti delle orbite, è il maggiore fascino di Quagliariello. Lo esercita a colpo sicuro sulle colleghe parlamentari. Le più vulnerabili sono di sinistra che vedono in lui l'opposto del macho destro, tutto muscoli e niente cervello. Gaetano è la creatura in carne e ossa più somigliante al puro spirito. Conversando con una signora, la ascolta compunto e assente benevolo. Poi, con un filo di voce e lo sguardo da cerbiatto, ribalta impercettibilmente la frittata portando l'interlocutrice sulle sue posizioni. Tra le vittime, Anna Finocchiaro, già presidente dei senatori del Pd, che, conquistata dal suo aspetto da custode del Graal, ha spesso ceduto alle tesi di Gaetano. Un uomo con tale presa sul gentil sesso parrebbe l'emblema dell'instabilità coniugale. Nulla di più falso. Quagliariello è sposato da decenni con una sua allieva, Stefania, mamma delle loro due bambine. Quando gli fu chiesto quale sarebbe stata la reazione di sua moglie se avesse ceduto alle tentazioni cui era sottoposto, rispose rabbrividendo: «Mia moglie è sarda».
Il ceppo dei Quagliariello è napoletano, in origine forse di bracconieri («quagliare» è una tecnica di uccellagione della quaglia), poi di intellettuali e ottimati, tra cui senatori del Regno. Gaetano, nato a Napoli, a tre anni seguì la famiglia a Bari. Il padre, Ernesto, è stato rettore dell'Ateneo barese e presidente del Cnr. Era un dc di sinistra, amico di Aldo Moro. La mamma è un'eminente microbiologa. Il ragazzo, tanto per indispettire i familiari, fu intensamente radicale tra i quindici e i ventuno anni. Segretario cittadino prima e vicesegretario nazionale poi, si mise alla testa di tutte le campagne pannelliane: pro aborto, contro il nucleare, per la pace nel mondo, per l'eutanasia. Con Rutelli fu arrestato in Sardegna per essere penetrato nella base Usa della Maddalena. Insomma, un demonietto. La sbornia però durò poco. Tornato nell'alveo, si laureò a Bari in Scienze Politiche ed esordì docente di Storia dei partiti politici nelle università dell'Aquila e Bologna. A 36 anni era ordinario alla Luiss, l'ateneo romano della Confindustria. La sua opera più nota è un libro ammirato su de Gaulle, il solo di un autore italiano tradotto in francese. È senz'altro un indizio di quali saranno, come ministro delle Riforme, le sue proposte di cambiamenti costituzionali: un gaullismo all'italiana o, se vi è più familiare, un semipresidenzialismo alla francese.
Gaetano, trentaquattrenne, entrò in Forza Italia nel 1994 da semplice simpatizzante. Fu la collaborazione con il più anziano collega universitario Marcello Pera, divenuto presidente del Senato (2011-2006), a trasformarlo da quieto professore in politico. Come consulente di Pera, Quagliariello seguiva per ore i lavori parlamentari sulla tv a circuito chiuso. Ogni volta che l'altro era in difficoltà, gli dava un suggerimento via cavo. Poiché è uomo che approfondisce, i consigli si rivelarono preziosi e i due divennero inseparabili. Marcello lo presentò al Cav e Gaetano nel 2006 ebbe il seggio a Palazzo Madama. Fecero poi in tempo a fondare il think-tank, Magna Charta, prima di rompere il sodalizio, forse perché mentre Gaetano entrava nelle grazie del Cav, l'altro ne usciva.
Quagliariello deve a Pera il suo approdo a posizioni teocon, fritto misto di tradizione e religiosità. È nota la sua contrarietà, nella vicenda di Eluana Englaro, al distacco della spina e celebre l'urlo in Aula con cui accolse la notizia della morte: «Eluana non è morta, è stata ammazzata». Poiché, dopo il grido, lanciò anche il microfono in aria, molti, colpiti da questa improvvisa platealità, sospettarono giustamente una doppia personalità di Gaetano. Ne avrete conferma andando a Laureto, nei pressi di Locorotondo, dove i Quagliariello trascorrono l'estate nel loro trullo. Vedrete allora il compunto senatore su un'Ape car (Vespa con rimorchio), regalo della moglie per i cinquant'anni, scorazzare per le strade come un ventenne adrenalinico tra lo spavento dei passanti e il terrore dei disgraziati che ha preso a bordo.
Personalmente mi compiaccio di queste punte recondite del neo ministro poiché per farsi valere, soprattutto in un governo a maggioranza di sinistra, il temperamento aiuta.
Temo di più, l'arrendevolezza perbenista che in Gaetano è sempre in agguato. È successo di recente con Ventunesimo secolo, da lui fondato nel 2002 con lo storico russo, Victor Zaslavsky. Nonostante i pregi della rivista, l'Anvur, discusso sinedrio universitario che ha per legge il compito di fare valutazioni, l'ha classificata tra i periodici di serie B, danneggiandone il prestigio e quello dei collaboratori. Altri più combattivi, come Eugenio Di Rienzo con la sua Nuova rivista storica, ha fatto ricorso al Tar e l'ha vinto.
Gaetano, invece, per restare fedele alla sua parte crepuscolare, si è rassegnato. Se farà così nel governo Letta, è votato al fallimento. La speranza è che tiri fuori, pur nella complessità della sua natura, il teppista che c'è in lui.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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