Quando Conte fece saltare il salario minimo

Nella scorsa legislatura c'erano due proposte di legge sul salario minimo, ma entrambe finirono in un binario morto perché Conte staccò la spina al governo Draghi

Quando Conte fece saltare il salario minimo
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“Non ci fermeranno i 'no' di Giorgia Meloni, vinceremo questa battaglia con i cittadini". Che si tratti dell’Aula di Montecitorio, di un’intervista al Corriere della Sera o di un post sui social, Giuseppe Conte si dimostra sempre più combattivo sul tema del salario minimo.

"Non molliamo e prometto che vinceremo”, dice con impeccabile sicumera il leader del Movimento Cinque Stelle, parlando con il Corriere della Sera. Ma, in verità, quella del salario minimo era una battaglia che Conte avrebbe potuto vincere già lo scorso anno. Se non fosse per il piccolissimo particolare, ossia che la XVIII legislatura si è conclusa anticipatamente proprio per volontà dell’ex premier. Ma riavvolgiamo il nastro. Prima che il governo guidato da Mario Monti cadesse, in commissione lavoro al Senato era in discussione la proposta di legge sul salario minimo legale (a 9 euro all’ora) dell’ex ministro pentastellato Nunzia Catalfo. All’epoca c’era un governo di coalizione sostenuto anche da Forza Italia e Lega, contrarie al provvedimento e vi erano grandi resistenze anche da parte dei sindacati. Sarebbe stato, perciò, molto difficile che una simile proposta potesse vedere la luce.

Ma c’è un ma gigantesco che aleggia sulle ultime settimane del governo. Oltre al disegno di legge della Catalfo, all’epoca fu presentata anche una proposta dal ministro del Lavoro Andrea Orlando che era una sorta di compromesso tra le parti che aveva l’obiettivo di recepire le indicazioni di Bruxelles e di contrastare i contratti pirata, usando come unico punto di riferimento solo i contratti più diffusi siglati dalle grandi organizzazioni sindacali. Da Largo del Nazareno ricordano che quello era un primo punto di partenza su cui si sarebbe potuto trovare l’accordo tra le forze di maggioranza perché anche l’allora ministro Renato Brunetta, capodelegazione di Forza Italia, era tendenzialmente favorevole. Proprio nei giorni in cui il governo Draghi stava per cadere, alcuni esponenti del Pd si rivolsero a Conte dicendo: “Guarda che è un peccato andare a casa ora che stiamo per ottenere la prima forma di salario minimo…”. L’avvocato di Volturara Appula, però, non ne volle sapere e, vedendo il M5S in caduta libera nei sondaggi, decise di staccare la spina al governo. Alcuni democratici sbottarono: “Se il salario minimo non vedrà mai la luce sarà colpa sua…”. Oggi, l’ex ministro Orlando, parlando con ilGiornale.it, minimizza sulle responsabilità del leader del M5S: “Se lo chiedete a Conte, lui vi dirà che il mio non era il salario minimo. E, in effetti, era solo un qualcosa che gli si avvicinava molto. Era una sperimentazione per settori lavorativi, come quella fatta in Germania nel 2011”. La stessa sperimentazione che, poi, ha portato i tedeschi ad avere il salario minimo nel giro di pochi anni.

Insomma, si può essere d’accordo o in disaccordo sul tema, ma il centrosinistra ebbe la possibilità di portare a casa l’embrione del salario minimo e non la sfruttò perché Conte, per altri motivi (più o meno nobili o condivisibili), preferì far cadere il governo…

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