Quattro milioni spariti dalle casse del Parma calcio: Indagato l'ex ad

Era ora che in questo dannato paese si rivalutasse una delle più antiche e collaudate categorie del Made in Italy: i tagliagole. Molti genitori, finalmente, potranno evitarsi il fastidio di indicare ai ragazzi una strada dritta verso l'educazione, l'onestà, il rispetto delle regole: figlio mio, se vuoi costruirti una posizione devi prima farti un discreto periodo in galera, perché poi il mercato del lavoro è pronto ad offrirti straordinarie opportunità.
Nell'Italia al tempo della crisi si lavora di fantasia e s'inventano nuove figure professionali: attualmente richiestissimo il fondo di galera per riscuotere i crediti. Requisito fondamentale, oltre a una sana gavetta dietro le sbarre, l'origine sicula o calabrese. E per favore non chiedetemi il perché.
In questa congiuntura cupa e tenebrosa è difficile far girare le aziende, ma in tanti casi è ancora più difficile farsi pagare. Non bastano telefonate, mail, solleciti, letteracce dell'avvocato: fanno il solletico. Serve qualcosa - qualcuno - di più convincente. Un'agenzia di Pesaro, la «Sviluppo Reti Commerciali», specializzata nell'assistenza al franchising, ha individuato il profilo ideale: il galeotto meridionale. E per favore non richiedetemi il perché.
A pubblicizzare la nuova prospettiva di lavoro è un bravo collega del Secolo XIX, Gianfranco Sansalone. La sua testimonianza è imperdibile. Racconta che alle 8,33 del 24 luglio, sul sito del periodico Subito (offerte di lavoro nelle Marche) appare questo annuncio: «Azienda seria e referenziata cerca uomini decisi, di poche parole e prestanza fisica. Possibilmente ex culturisti o ex galeotti, per recupero crediti in tutta Italia. Molto apprezzate origini meridionali, calabresi o siciliane. Contratto con lauti compensi. Inviare curriculum, necessaria foto intera. Astenersi perditempo. Sede di lavoro Pesaro. Orario fulltime». L'annuncio precisa con molta umanità che non saranno discriminate le donne.
L'azienda seria e referenziata, scopre il cronista, è appunto la «Sviluppo Reti Commerciali» di Pesaro. Quando telefona in sede per verificare, l'addetta alle pubbliche relazioni conferma. Ma non appena l'interessato si qualifica come giornalista, la situazione precipita. Prima precipita la linea, qualche minuto dopo precipita chissà dove il geniale annuncio, misteriosamente rimosso. Ad un ulteriore tentativo del giornalista, per parlare con qualche responsabile, la poveretta risponde che titolare, direttore, dirigenti, tutti quanti si trovano disgraziatamente in ferie. Spiacente, questo è tutto. Clic.
Sinceramente: un passo avanti chi rifiuterebbe di pagare i debiti se alla porta suonasse una personcina con i requisiti dell'annuncio. Questo per riconoscere che sull'efficacia della scelta di marketing, niente da dire: un tagliagole dop (denominazione di origine protetta, come il caciocavallo e il peperoncino) vale più di qualunque ingiunzione. Basta uno sguardo, non servono parole. Il debitore ineffabile e fetente perde all'improvviso tutta la sua impareggiabile faccia di bronzo, avvertendo tanta nostalgia per il più carogna esattore di Equitalia. Quando il gioco si fa duro, è meglio far giocare i duri: questa la nuova logica, cresciuta nel clima fertile e incattivito di una crisi sempre più spietata. A un certo punto servono gli specialisti, serve metodo, servono certi metodi: vuoi mettere le garanzie offerte da un picciotto di Monreale o da un boss di Vibo Valentia? Eppure, dall'intera storia, emerge prepotente un incontenibile senso di indignazione.

Bisogna essere fermi. Bisogna dire con forza che non è il modo. Non esiste che ci sia ancora qualcuno capace di simili discriminazioni, dal chiaro stampo razzista. Cos'hanno che non funziona i tagliagole di Cuneo e di Varese?

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