Presidente Cavallaro, al congresso della Cisal appena concluso ha raccolto un'ovazione il ministro Salvini quando ha detto «non c'è solo la triplice».
«La nostra confederazione è trasversale e non facciamo politica, ma Salvini ha toccato le corde giuste per i nostri 600 delegati: abbiamo 66 anni di storia e un milione e 400mila iscritti. Rivendichiamo il nostro ruolo. E dal governo è arrivata un'apertura di credito nei nostri confronti. Li incalzeremo».
Al congresso avete lanciato l'allarme sul potere di acquisto non solo dei pensionati di oggi ma anche di chi andrà in pensione tra dieci anni.
«Il tema delle quote e dell'età in cui andare in pensione ci appassiona poco. La vera criticità è che, con il passaggio integrale al sistema contributivo, chi andrà in pensione fra qualche anno si candida a diventare un nuovo povero. Il problema non è tanto il quando ma il quanto! Perché altrimenti vedremo le persone andare al lavoro anche con le stampelle!»
Perché siete critici nei confronti del reddito di cittadinanza?
«Perché il tema vero è quello delle politiche attive del lavoro, della formazione e della qualità dell'occupazione: e su questo il reddito di cittadinanza è stato fallimentare. Altro discorso è quello della povertà e di chi è realmente in difficoltà: non deve essere lasciato solo».
La Cisal affiancherà gli altri sindacati nella battaglia per il salario minimo?
«Scrivere in legge nove euro lordi, non è una buona idea. Per me i sindacati devono proteggere il valore di una vera contrattazione e noi lo faremo. Ed è per questo che abbiamo proposto l'idea di un nuovo patto per il lavoro. Occorre recuperare subito potere d'acquisto, intervenendo sul cuneo fiscale. E rinnovare i contratti».
Il Pnrr resta al centro dell'agenda politica. Quali i vostri timori e le vostre speranze?
«Il Pnrr è un'opportunità storica. Ora va realizzato e, con la riorganizzazione della governance del Pnrr e dei fondi di coesione proposta dal governo, si possono realizzare le condizioni per dare una visione strategica a questa mole di risorse. Serve, per esempio, un grande piano per il Mezzogiorno. L'Europa ha finalmente battuto un colpo ma non ci piace un'Unione solo monetaria, con le aziende che aprono sedi legali dove è più conveniente».
Dopo sei mesi di «rodaggio» è possibile dare un giudizio sul governo Meloni?
«È presto per dare un giudizio: li misureremo alla prova dei fatti. Non siamo il tipo di sindacato che dichiara sciopero a prescindere: lo sciopero costa ai lavoratori e deve essere l'estrema ratio».
Ora Palazzo Chigi punta sul taglio Irpef per chi fa due figli. È una mossa adeguata per bloccare il calo delle nascite?
«Temo che la denatalità gravissimo vulnus pure per la sostenibilità dei conti pubblici e della nostra previdenza sia soprattutto un fatto
culturale. Ma tutto ciò che va nel senso di ridurre il peso del fisco sui lavoratori e sulle famiglie può aiutare: servono però anche politiche per la conciliazione dei tempi, per l'occupazione femminile e per la crescita».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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