Per fare le riforme occorre modificare la Costituzione. Per farlo è prevista una procedura ad hoc. Troppo rigida, secondo alcuni. Altri, invece, ritengono che la complessità della procedura garantisca la stabilità della Carta, evitando pericolose fughe in avanti. Oggi il Senato ha approvato il ddl costituzionale sul "Comitato per le riforme costituzionali", che di fatto interviene sull'art. 138 della Costituzione. Per soli 4 voti (i sì sono stati 218) viene superato il quorum di due terzi che evita il possibile ricorso al referendum confermativo. E' la seconda deliberazione del Senato, il via libera finale spetta alla Camera, che ha già votato il 10 settembre. Nel Pdl sono venuti meno i voti di Augusto Minzolini, Francesco Nitto Palma (presidente della commissione Giustizia) e Ciro Falanga. In tutto gli astenuti sono stati 12. Bagarre nel Pdl, con le cosiddette "colombe" che danno colpa dell’agguato ai "falchi". Il voto sul ddl, infatti, è considerato un "pilastro" per blindare ulteriormente il governo, che ha tra i suoi scopi anche quello di varare le riforme, secondo quanto richiesto espressamente dal Quirinale. Ma nel Pdl molti non erano così felici di dire sì a testa bassa: una fetta del partito o ha votato contro o si è astenuta. All’ultima fiducia al Senato Letta aveva preso 235 sì: sulle riforme il sì è stato ancora più risicato (218). Solo quattro voti di distanza dalla bocciatura, nei fatti, dell'esecutivo, che tanto a cuore aveva il ddl. Roberto Formigoni spiega così le tensioni: "Qualcuno ha tentato di far cadere il Governo, ma il tentativo è fallito. Basta leggere l'elenco dei senatori di maggioranza che si sono astenuti nel voto per l'istituzione del comitato per le riforme, o che pure essendo presenti in aula non hanno votato. Soprattutto all'interno del Pdl è necessario un confronto serio, onesto e definitivo".
"Non stiamo riformando l’articolo 138 da qui all’eternità - sottolinea la presidente della Commissione affari costituzionali Anna Finocchiaro (Pd) -. La modifica serve a questa riforma. Mi permetto di dire che serve a questo Parlamento. Se non servisse a questo Parlamento, probabilmente non ci sarebbe stata alcuna ragione di deviare dall’articolo 138. Avremmo potuto soltanto incidere sulla norma che riguarda il referendum - ha aggiunto - ma non avremmo costituito il Comitato parlamentare paritario Camera e Senato. Al contrario, abbiamo avuto la necessità di farlo per una ragione di garanzia. Torno a ripetere per una questione di garanzia, perché altrimenti la commissione della Camera e quella del Senato avrebbero avuto composizioni non squisitamente rappresentative della forza dei singoli Gruppi parlamentari".
Una parte del Pd è critica
"Il percorso di riforma avviato dal Parlamento contiene elementi di criticità che lo rendono incerto". Lo affermano 10 senatori Pd che sottolineano una serie di perplessità e annunciano una «vigilanza» sul lavoro del Comitato. Sono: Sergio Lo Giudice, Laura Puppato, Donatella Albano, Monica Cirinnà, Paolo Corsini, Nerina Dirindin, Corradino Mineo, Stefania Pezzopane, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci.
Ingroia: da oggi Pd è partito antidemocratico
"Nonostante i ripetuti appelli e una straordinaria manifestazione popolare il Senato ha votato in terza lettura la modifica dell’articolo 138 della Costituzione con una maggioranza superiore ai due terzi - ha detto il presidente di Azione Civile Antonio Ingroia -. Da oggi il Pd potrà ribattezzarsi Pad, Partito Antidemocratico. Mi chiedo se il Pd abbia obbedito al piano di rinascita democratica della P2 come il Pdl oppure all’ordine della Jp Morgan che qualche mese fa ha ordinato il superamento delle Costituzioni antifasciste".
Vendola: si tratta di un gioco d'azzardo
"Il Senato ha licenziato un ddl che consente uno strappo all’articolo 138 della Costituzione - tuona Nichi Vendola, leader di Sel -.
Un provvedimento che aggrava il nostro giudizio critico sull’attuale maggioranza di governo, si tratta di un gioco d’azzardo. In questo quadro il passaggio dalla propaganda ai testi scritti come la Stabilità è un passaggio in cui i nostri giudizi non possono infatti che aggravarsi".
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