Rivolta sociale

La rivolta sociale è virtuale, come lo sfogo di un influencer in cerca di un po’ di visibilità

Rivolta sociale
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La rivolta sociale torna sulla scena, ma come un vuoto a perdere, senza un significato profondo, perdendo sostanza e sindacalizzandosi. Contro chi è la rivolta di Landini? Non è contro i ricchi o per gli operai. Non è per un salario migliore. Non è per un sogno o per la dignità di chi lavora, forse non è neppure reale. È virtuale, come lo sfogo di un influencer in cerca di un po’ di visibilità. È l’ego di un sindacalista che si immagina capo di partito.

È la piazza degli «umarell» che non hanno più cantieri da guardare. È la rivolta di chi non riesce ad accettare che il voto abbia premiato Giorgia Meloni. È la rivolta di chi non si riconosce nella democrazia. È la rivolta come liturgia.

È il tradimento dell’uomo in rivolta di Camus, che ci invita a vivere senza certezze assolute, senza totalitarismi, senza l’arroganza di quelli che si definiscono giusti per convenzione. La rivolta sociale è la parola scartavetrata di questo 2024 in fuga verso la pensione.

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