Roma - È l’anno zero di Sandro Ruotolo, cronista coi baffi. Che in poche ore inanella le seguente prodezze: dà in pasto all’opinione pubblica nome e cognome del sospettato di un crimine orribile, lo abbandona per qualche ora al linciaggio mediatico, fa da tom tom dei possibili giustizieri mettendo in rete la foto della sua abitazione. Salvo poi, una volta accertata l’estraneità del suddetto sospettato, fare un’alzata di baffi. Daremo retta a Vittorio Feltri e non parleremo di «metodo Ruotolo». Però, che diamine.
Va bene: essere un giornalista d’assalto con la sindrome del numero uno nell’epoca dei social network non deve essere facile. C’è la tentazione di fare inchieste in 140 caratteri, di essere i primi a dare notizie bomba, di fare i Bolt dello scoop. Un’ansia da prestazione che può far dimenticare a un professionista esperto l’abc del giornalismo: non dare notizie senza averle prima verificate, non dare generalità di semplici sospettati, non renderli identificabili o rintracciabili, essere sempre (sempre!) garantisti.
Esattamente ciò che è accaduto a Ruotolo, 57 anni, «giornalista dal 1˚ maggio 1974» come rivendica con precisione britannica su twitter , inviato di punta di Michele Santoro dapprima in tante trasmissioni Rai e oggi a Servizio Pubblico . Ruotolo sabato scorso non appena ha saputo della bomba esplosa davanti alla scuola di Brindisi, si è fiondato nella città pugliese. A fare il suo lavoro. A raccogliere informazioni per riversarle minuto dopo minuto in un reportage a uso e consumo dei suoi 41mila follower . Per due giorni tutto bene.
Lunedì il pasticcio: sembra che gli inquirenti abbiano identificato il possibile killer ripreso dalla telecamera a circuito chiuso di un chiosco di panini mentre aziona a distanza l’ordigno e Ruotolo si arrapa. «Lo stragista aziona il telecomando con la mano sinistra. Dalla foto sembrerebbe colpito da un ictus sul lato destro», scrive. E poi: «In questura viene sentita una persona ».
Poi l’inviato napoletano abbandona ogni prudenza: «Il cognome sarebbe Strada. Il sospettato si chiamerebbe Claudio. Il fratello che sarebbe in questura M.», twitta senza filtri. Qualcuno dei suoi follower lo ammonisce: «Non sarebbe meglio non divulgare troppi dettagli in questa fase? rischio linciaggio e/o scambio di persona...», scrive uno. Ma Ruotolo insiste. Aggiunge dettagli. Pennella: «Quartiere popolare. Lui mano offesa. Vive con il fratello e una signora. All’ultimo piano di un palazzo. Edilizia popolare».
Voci perplesse ma ancora educate si levano: «Per stima, ti domando ciò che si chiedono in moltissimi: non si fa danno divulgando tutto questo?», scrive una donna. E un’altra, più esplicita, si chiede: «Stiamo puntando al linciaggio? ». Niente. Ruotolo è in trance agonistica. Posta pure la fotografia del palazzo del mostro del momento. Quindi si bea: «Ho fatto vedere il volto scoperto dell’uomo che aziona il telecomando a un suo vicino di casa che era titubante: sì, può essere lui».
Tale Lalla lo fulmina: «Sei proprio un Derrick dei morti di fame». E lui: «I due fratelli Strada sono in questura». E poi: «Stanno verificando l’alibi del sospettato». Quindi il colpo di scena: «Dopo i riscontri, i sospetti tornano liberi. Non ci sono indagati per ora». Finita qui? Ma come! Dopo tanta gogna mediatica? La rete- saggiasi ribella a tanto pressapochismo. «Temo che troppo spesso a essere offesa è l’intelligenza delle persone. Stammi buono!», ironizza uno. «Poteva essere più cauto oggi... Domani chi sarà il mostro per un giorno?», butta lì un altro. E un terzo lo bacchetta: «Un minimo di errata corrige, però...».
La rete si scatena: «Ma questo non è sciacallaggio in stile b-tv?», si chiede uno. «Sinceramente non lo so quanto il problema siano i nuovi media e non invece la statura morale del noto giornalista di grande esperienza», considera un altro. «Ruotolo giornalista? Ah sì vero è iscritto all’albo», lo sbeffeggia tale Claudio . E marcoscud addirittura lo pensiona: «Io mi sono fatto un paio di conti. 2012-1974=38 anni. Se ha il riscatto della laurea ha già maturato da tempo la pensione. Neppure ai tempi della caduta di Ceausescu si sono viste così lampanti prove di disinformazione».
E Ruotolo? Si azzittisce per parecchie ore, non twitta più nulla. Poi, nel pomeriggio inoltrato di ieri, fa un mezzo mea culpa: «Accolgo i vostri rilievi ma tutti sapevano. La mia intenzione era di raccontare i fatti.
Mi dispiace di aver ferito sensibilità», ammette. Per lui briciole di solidarietà dai colleghi. «Ho difeso vfeltri quando lo hanno espulso #ordine, mi batterei anche x #ruotolo. Noto però due pesi e due misure», dice asciutto Piero Sansonetti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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