Non si sa se per un equivoco o per una moda ma è da tempo che assistiamo a una mitizzazione di Enrico Berlinguer. Fra libri (troppi), documentari e ora un film, Berlinguer, la grande ambizione. La santificazione di un leader di ieri ad usum della sinistra di oggi. Che di leader non ne ha.
Ne parliamo ispirati da un'intervista di Elio Germano, l'attore che interpreta Berlinguer (quando le maschere dicono più di una faccia), là dove dice: «Dopo Berlusconi che diede un'accezione negativa alla parola comunista si è cercato di cancellarla». Pensa un po': facendo il calcolo dei disastri del comunismo, ora dobbiamo ricorrere a un Elio Germano per restituire alla parola «comunismo» un'accezione positiva.
Slogan del film, fra rimpianti e apologia: «La grande ambizione di un'Italia diversa». Addirittura. Se avesse vinto Berlinguer, che non voleva manco la tv a colori, saremmo stati una specie di Romania di Ceausescu addolcita dalla pronuncia sarda.
Che poi. Chissà da dove arriva la leggenda di un Berlinguer dialogante e rispettoso, lui che avviò la fase dell'antifascismo militante e non parlava con l'Msi. Almirante sì che andò alla camera ardente di Berlinguer; ma l'inverso sarebbe stato impossibile.
Aveva
ragione chi disse che «Berlinguer fu una brava persona, ma con un insuperabile limite: rimase fino all'ultimo solo un comunista». E il guaio è che non solo non era una battuta, ma non la disse nemmeno Berlusconi. Ma D'Alema.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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