Ogni tanto, destandosi dal torpore, accade che uno dei due presidenti delle Camere si sveglia e tiri bordate a destra e a manca. Dichiarazioni di fuoco, accuse, minacce, prese di posizione. Laura Boldrini e Pietro Grasso stanno prendendo, giorno dopo giorno, posizioni che esulano dal loro ruolo istituzionale. Se un giorno tocca al presidente del Senato minacciare il Pdl di fantomatiche nuove maggioranze formate da Pd e Cinque Stelle, un altro tocca alla terza carica dello Stato prendersela con l'ad del Lingotto Sergio Marchionne schierandosi apertamento al fianco della Fiom. "Le presidenze delle due Camere sono oggi totalmente dissonanti rispetto al sentimento di una larghissima maggioranza, non solo del Parlamento ma dell’intero Paese - ha commentato il presidente dei deputati del Pdl, Renato Brunetta - non abbiamo bisogno di massimi rappresentanti delle istituzioni che lavorino per disegni organici a minoranze estremiste".
L'ultimo strappo è sicuramente ad opera della Boldrini. All'indomani della presa di posizione della Corte costituzionale che ha bocciato la norma dello Statuto dei lavoratori che limita la rappresentanza ai sindacati firmatari del contratto, giovedì scorso la presidente della Camera è entrata a gamba tesa nei confronti dei vertici del colosso torinese rifiutandosi di visitare lo stabilimento in Val di Sangro. La motivazione (di facciata) è un impegno istituzionale preso in precedenza. Tuttavia, l'occasione si fa ghiotta per stangare la Fiat e difendere le tute blu della Fiom. E così la lettera a Marchionne si trasforma in una resa dei conti in piena regola. "Affinchè il nostro Paese possa tornare competitivo è necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell’innovazione. Una via che non è in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa". Una presa di posizione che, al pari della sua presenza al Gay Pride di Palermo insieme all'ex ministro allo Sport Josefa Idem, denota un comportamento tutt'altro che super partes. Non sono certo due episodi a sé stanti. L'elenco è lungo. Il lungo silenzio della Boldrini dopo l'aggressione subita dalle parlamentari del Pdl prima della manifestazione di Brescia è piuttosto eloquente.
Non è certo da meno il collega a Palazzo Madama. Domenica scorsa, in una intervista a Repubblica, Grasso non solo aveva bocciato la riforma della giustizia avanzata dal Pdl, ma era arrivato anche a ventilare nuove maggioranze per far fuori il centrodestra dal governo. "Nel caso in cui venisse meno la fiducia a questo esecutivo - era stato l'avvertimento del presidente del Senato - sono certo che Napolitano non escluderà alcuna possibilità per altre possibili coalizioni". Secondo i vertici del Pdl, i comportamenti dei due "custodi" delle camere rischiano seriamente di vanificare il cammino difficile intrapreso avviando le larghe intese. Se lo scontro con la Fiat spinge a pensare che la Boldrini debba rispondere non tanto al popolo italiano ma al segretario della Fiom Maurizio Landini e al leader del suo partito Nichi Vendola, le dichiarazioni di Grasso avevano obbligato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a riparare i danni minimizzando. "Boldrini e Grasso sono esito di un momento politico temerario, allorché Bersani coltivava sogni di maggioranze strampalate - ha commentato Brunetta - ma quella stagione è finita". Da qui l'appello ai due presidenti a "recuperare il senso delle istituzioni" e a finirla di "coltivare velleità non in linea con il proprio compito di rappresentanza democratica".
Ma la Boldrini non ammette alcuna critica: "Solo forzature polemiche possono leggere come scelta di parte, e non istituzionale, l’appello rivolto al mondo sindacale e a quello imprenditoriale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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