Se nemmeno le vie del lusso sono più al sicuro

Una strada signorile e d'altri tempi: è come avere violato la sua intimità

Se è vero che via Montenapoleone è «il salotto di Milano, ritrovo delle signore dell'elite della città», come cantava Peter Van Wood negli anni Cinquanta, via della Spiga è il cuore chic di Milano, il bastione più esclusivo del «quadrilatero della moda». Niente automobili, per cominciare, in via Spiga. Solo lusso, calma e voluttà. E un rumore di passi perduti sul vecchio pavè, un rincorrersi di voci tenute a freno, di pissi pissi che certe volte sembra di essere in chiesa, per rispetto, per decoro, in certi brumosi pomeriggi invernali. Tranne la mattina presto e verso le 13, quando apre e chiude i battenti la scuola elementare che fa angolo con via Borgospesso, quella dove andava anche Carla Fracci, che in via Spiga è ancora e sempre «la Carla».

Via signorile e anche un po' intimidatoria, come sanno essere, e come è giusto che sia, certe strade di Parigi (non di Londra, non di New York) quando diventano tempio di qualcosa: dell'arte, della musica, della moda, della bohème. Ecco perché l'assalto di ieri -e quello, analogo, che l'aveva preceduto, a febbraio- hanno un non so che di profanazione. Come quando nell'antichità i nemici assaltavano il tempio di Apollo per saccheggiarne il tesoro, di modo che poi si potesse dire, sgomenti e scandalizzati, che «non c'è più religione».

Non c'è, nella spaccata di ieri, con corredo di molotov, solo il sentimento di una accentuata insicurezza, di una sfida che viene portata fin nel cuore della città. C'è, e non è detto che conti meno, un sentimento di intimità violata, come se lo sfregio fosse stato portato nel salotto di casa nostra, e nella furia predatoria non ci sia stato riguardo per le foto di nonni e genitori e figli, nell'ansia di rubare le cornici d'argento.

Poco, o niente a che vedere, tra via della Spiga e via Montenapoleone. Qui, nella cagnara del sabato pomeriggio, ci vedi ormai quasi solo torme di provinciali che calano da quello che una volta, quando c'erano i contadini, era il contado. Vengono per lo struscio e per lustrarsi gli occhi, e i più temerari per un aperitivo da Cova. Con loro, plotoni di forestieri. Cinesi e giapponesi, russi lardellati di dollari con comodo di modelle, famigliole saudite in nero stretto, turisti per caso e per mestiere.
I grandi negozi di lusso, le griffe più prestigiose sono qui, in via della Spiga. Gioielli, abbigliamento, scarpe, moda per bambini, design: 520 metri di lusso per pochi, un salotto intimo e accogliente là dove nell'Ottocento la via era un punto di riferimento della Scapigliatura milanese e di spiriti ribelli durante il Risorgimento.
Da qualche tempo -e a qualcuno pare che ciò debba annoverarsi tra i meriti del quartiere- via della Spiga è la prima smart street italiana.

Interconnessa, digitale, sostenibile, illuminata con un sistema intelligente e banda ultralarga per i fanatici della rete, schermi touch per la promozione turistica, wi-fi gratuito come se piovesse. Un gioiello così, forse andava protetto meglio.

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