La sinistra vuole il carcere senza prove

Il Pd obbedisce al diktat di Saviano e modificherà la legge. È la vittoria dei fan delle manette facili

La sinistra vuole il carcere senza prove

RomaBasta un articolo di Repubblica, che fa da megafono al partito dei pm e con Roberto Saviano lancia l'allarme su alcuni processi in corso, e sulla riforma del voto di scambio politico-mafioso succede di tutto.

Si spacca il Pd, che alla Camera ha votato compatto il testo passato all'unanimità, prima di approdare in Senato: ora vuole riaprire i termini per gli emendamenti (che non ha presentato) per «migliorare» la norma.

Il Movimento 5 stelle, galvanizzato dalle polemiche, chiede di togliere la sede deliberante (che evita il passaggio in aula) alla Commissione Giustizia di Palazzo Madama e insiste che si discutano i 9 emendamenti che ha già presentato.

Non ci sta il presidente del Senato Piero Grasso, ex superprocuratore antimafia che ha voluto abbreviare l'iter legislativo, convinto che non serva il voto dell'aula e che il testo si può cambiare in Commissione. Il Pdl protesta contro le ingerenze esterne sul lavoro delle Camere, definendo «pretestuoso» l'attacco di Saviano. E il presidente della commissione Giustizia del Senato, Francesco Nitto Palma, dice: «È stato il Pd a chiedere il ddl a gran voce ed è stato il presidente Grasso a dare la sede deliberante. Se mi chiedono di bloccarlo io lo blocco, ma si chiariscano le idee».

Tutto questo dopo che Repubblica ha riservato l'apertura del giornale ad una «rivolta dei pm» che non si sa bene quali facce abbiano. Saviano nel suo fondo contesta curiosamente la pretesa di produrre delle prove per incriminare e condannare qualcuno per voto di scambio. «Se prima - scrive - bastava la mera promessa di voti da parte dell'organizzazione mafiosa perché il candidato fosse punibile, ora è necessario provare il procacciamento, cioè un'attività concreta di ricerca e raccolta voti...». Questo è il punto della norma che preoccupa di più Saviano e gli sconosciuti pm. Perché «è quasi impossibile dimostrare che un elettore si è venduto il voto». Eppure, dimostrare con delle prove si deve. O no?

Quanto ai pm in rivolta, non si cita nessuno dei grandi inquisitori di Cosa nostra. Il solo magistrato è Raffaele Cantone, ex pm anticamorra ora in Cassazione. Indagò anche sul Pdl Nicola Cosentino, uno dei casi citati nell'articolo come esempio di chi potrebbe ottenere vantaggi dalla riforma. Poi si parla di Felice Casson del Pd, ex pm pure lui, e di Rosaria Capacchione giornalista anticamorra candidatasi senza successo con il Pd all'Europarlamento, che denuncia quell'«avverbio di troppo, “consapevolmente”, che può depotenziare la legge».

Chi sono, allora, questi pm in rivolta? E gli altri, protesta la presidente Pd della commissione Giustizia di Montecitorio Donatella Ferranti, «il testo lo conoscevano tutti, anche Cantone che è tra i tecnici del governo: perché non hanno parlato prima?». Prima, cioè, che le modifiche all'articolo 416-ter fossero approvate all'unanimità e salutate da associazioni e società civile con grande soddisfazione.

Ma forse per dare più forza al ragionamento e scuotere la sinistra, a Repubblica basta citare il caso di Cosentino, accusato di collusione con la camorra, insinuando il dubbio che possa essere «salvato» dalla nuova legge. E infatti, atterrito, metà Pd reagisce con una specie di riflesso pavloviano. «Il Senato correggerà certamente il testo», assicura il presidente dei senatori Democratici Luigi Zanda.

Due emendamenti al ddl sono già pronti, firmati dal capogruppo Pd in commissione Giuseppe Lumia e da Casson: la pena da 10 anni torna a 12 e si reintroduce la «promessa di voti», sufficiente per il reato. Ogni decisione si rinvia alla prossima settimana. «Siamo alle comiche - dice il grillino Enrico Cappelletti -, perché il Pd non vota semplicemente i nostri emendamenti?».

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