Che cosa cambia nella bozza dell'Italicum con il nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi? I ritocchi riguardano la soglia minima per ottenere il premio di maggioranza, lo sbarramento per i partiti minori, il meccanismo cosiddetto «salva-Lega» e il ritorno delle candidature in più di un collegio. Restano i due cardini delle liste bloccate e del doppio turno di coalizione, che costringerà i partiti maggiori a combattere fino all'ultimo voto.
IL PREMIO DI MAGGIORANZA
La soglia per evitare il ballottaggio sale dal 35 al 37 per cento. È una modifica più di forma che di sostanza, visto che nel 2013 nessuna delle coalizioni superò il 30 per cento e quindi anche il 35 sarebbe un miraggio. Con l'innalzamento al 37 si riduce il premio di maggioranza, che nella prima bozza era fissato al 18 per cento e ora scende al 15. In pratica, con il 37 per cento dei voti si guadagna il 52 per cento dei seggi. Resta invariato il tetto al premio: qualunque sia l'esito del primo turno, la coalizione vincente non potrà avere più del 55 per cento dei seggi.
Il ballottaggio tra le prime due coalizioni diventa dunque una strada pressoché obbligata. Ed è un chiaro vantaggio per il centrosinistra che, come dimostra l'esperienza dei sindaci, riesce sempre a mobilitare i propri elettori più del centrodestra. Il secondo turno è un voto «contro» e l'antiberlusconismo tornerà a galla.
LO SBARRAMENTO AI PARTITINI
Tre sono le soglie di sbarramento previste dall'Italicum: per i partiti coalizzati, per i partiti che corrono da soli e per le coalizioni. Nella nuova bozza di riforma la prima scende dal 5 al 4,5 per cento; le altre restano ferme rispettivamente all'8 (una quota che il Porcellum prevedeva al Senato) e al 12 per cento. Chi ci guadagna è il Nuovo centrodestra, che nei sondaggi galleggia attorno al 4 per cento e può sperare ancora.
IL «SALVA LEGA»
Molte polemiche accompagnano le norme che tutelano i partiti non radicati sull'intero territorio nazionale. Esse garantiscono una rappresentanza parlamentare alle forze che superano il 9 per cento in almeno tre Regioni. È un «salva-Lega» per modo di dire: oggi il Carroccio resiste in Veneto e Lombardia ma si è indebolito in Piemonte e Friuli Venezia Giulia, e comunque il segretario Matteo Salvini è sicuro di superare ogni sbarramento. Anche in questo caso chi ne beneficia davvero è il partito di Angelino Alfano, diffuso a macchia di leopardo con punte in Lombardia, Veneto e Sicilia.
NIENTE PREFERENZE MA CANDIDATURE MULTIPLE
Il vero nodo di questa legge, cioè le preferenze, non è stato toccato. Restano le mini-liste bloccate con i nomi dei candidati scritti sulla scheda, in modo che l'elettore possa avere un minimo di consapevolezza. Tuttavia, su pressione del Nuovo centrodestra, viene reintrodotta la possibilità che un candidato possa presentarsi in più di una circoscrizione, probabilmente con un tetto di 3 o 4 collegi.
Il vantaggio è tutto per i partiti minori che hanno scarsa presenza sul territorio e quindi possono sfruttare l'effetto traino dei nomi più conosciuti. Il compito di ridisegnare le circoscrizioni elettorali, che dalle attuali 27 saliranno a 120 di circa 500mila abitanti ciascuna (sostanzialmente un collegio per provincia, due o forse tre nelle province più popolose), sarà affidato al governo che avrà 45 giorni di tempo. Delegare il governo significa consegnare la pratica al Viminale, cioè ad Alfano.
SILENZIO SULLE PRIMARIE
La minoranza del Partito democratico insisteva perché la nuova legge introducesse le primarie, sia pure facoltative, per individuare i candidati. Il motivo è semplice: pagherebbe lo Stato. Quando presentò la bozza dell'Italicum, Renzi promise che il Pd le avrebbe comunque fatte. C'è un solo caso di primarie facoltative disciplinate per legge e a spese pubbliche: le elezioni del Consiglio regionale della Toscana rossa.
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